Mike D’Antoni, 67 anni sempre da Leader

E’ stato il più grande cervello pensante passato e

visto sui parquet di tutta Italia. Sull’asse D’Antoni-Meneghin

l’Olimpia sarebbe tornato sul tetto d’Europa dopo 21 anni

 

Oggi è il compleanno di uno dei più grandi giocatori venuti dagli Stati Uniti d’Amierica, Michael Andrew D’Antoni, per gli amici e gli avversari, Mike D’Antoni.

Nato in West Virginia a Mullens, l’8 maggio del 1951, è stato uno dei più grandi playmaker del campionato italiano e della Coppa dei Campioni, a lungo inseguita dalla squadra che ha degnamente rappresentato in campo, la Pallacanestro Olimpia Milano.

Giocatore di raffinata capacità di leggere il gioco delle squadre che ha avuto di fronte, è stato un grandissimo costruttore di gioco, rapido come di radio se ne sono visti, sui parquet, quando difendeva. La sua bravura nel togliere il pallone ai play e alle guardie delle altre compagini lo avrebbero consacrato con il soprannome di Arsenio Lupin. La sua qualità balistica in attacco sarebbe stata premiata a ripetizione e con grandissima puntualità con l’inserimento nel gioco del Basket dell’arco dei tre punti.

Mike D’Antoni è nato negli States ma avrebbe ottenuto, quasi alla fine della carriera, la posizione di naturalizzato italiano.

Inizia a giocare con tenacia e costanza alla Marshall University, la medesima in cui hanno giocato da studenti accademici Jason Williams e Hal Greer). Nel 1973, a 22 anni, è scelto come ventesima scelta assoluto al secondo giro del draft dell’NBA dai Kansas City Kings. E già nel 1974 è inserito dalla stampa specializzata nel secondo quintetto di matricole della lega professionistica americana.

Tre stagioni a Kansas City poi mezza stagione ai Saint Louis Spirits nell’American Basketball Association, l’ABA. Completò l’annata con due gare disputate con la casacca dei San Antonio Spurs.

Di qui l’approdo a Milano, dove sarebbe restato per ben 13 stagioni di fila. Tre anni dopo, siamo nel 1981, da Varese arriva Dino Meneghin, e con la perfetta regia di Tony Cappellari dietro alla scrivania e Dan Peterson in panchina, viene creata una meravigliosa asse Play-Pivot sulla quale l’Olimpia abbinata Billy avrebbe costruito un ciclo forse irripetibile.

Milano gioca 8 finali scudetto consecutive, e dopo un paio di atroci beffe, conquista per due volte l’Europa e una il Mondo. Succede quando, a rinforzare una squadra con Mike D’Antoni e Dino Meneghin, arriva la stella dei Los Angeles Laker, Robert Allen Mc Adoo, più noto come Bob, Mc Adoo, nella stagione 1986-87, assieme all’altro americano Ken Barlow. Una squadra che è stata capace di scrivere pagine fondamentali, nel periodo dell’era moderna del basket italiano ed europea.

Il gruppo, completato dai fratelli Franco e Dino Boselli, Vittorio Gallinari, Roberto Premier, Fabrizio Ambrassa e altri giocatori, vince 5 scudetti, 2 Coppe dei Campioni e una finale persa all’inizio del ciclo, 1 Coppa Korac e una beffarda sconfitta in finale di Coppa Coppe con il Real Madrid, e 1 Coppa Intercontinentale.

Mike D’Antoni è stato l’allenatore in campo, l’esecutore perfetto dei teoremi d’attacco firmati da Dan Peterson.

Il capolavoro lo firmano nei quarti di finale di ritorno della Coppa dei Campioni 1987, dopo che all’andata, a Salonicco la Tracer Philips Milano perse di 31 punti in casa dell’Aris, di fronte a una squadra guidata dal cristallino talento di Nick Galis e dall’altro nazionale ellenico Yannakis. La partita di ritorno vede Milano difendere 1-3-1 tutta la partita, con una rara intensità: prima si giocavano due tempi da 20’ e all’intervallo l’Olimpia ha rosicchiato soltanto 14 lunghezze. L’opera d’arte sarebbe stata pennellata e scolpita nella seconda frazione: Milano vince di 34 e va in semifinale. Poi in finale, il 2 aprile 1987, l’Olimpia torna, dopo 21 anni, sul tetto d’Europa superando il Maccabì Tel Aviv per 71-69. Milano è il club Campione del Vecchio Continente.

Peterson lascia il “giocattolo” al suo storico e fedele assistente, Franco Casilini, che porta questo squadrone alla conquista del Mondo. E, l’anno dopo, al bis europeo, a Gand.

D’Antoni è un cognome di chiare origini italiane. I suoi lontani parenti erano di Nocera Umbra: e lui ebbe il passaporto italiano che gli permise di giocare il Campionato d’Europa in azzurro, che la nostra nazionale concluse al 4° posto.

Smesse le scarpe da basket, D’Antoni diventa per 4 anni l’allenatore di Milano arrivando a una finale scudetto e alla conquista della Coppa Korac nel 1994. Poi guida dalla panchina la Benetton Treviso, che porta al titolo tricolore, alla Coppa Italia, a una Supercoppa italiana e alla Coppa dei Campioni.

Dimostrato il proprio valore da noi e in giro per l’Europa, si misura con l’NBA anche se all’esordio da capo allenatore coi Denver Nuggets chiude l’anno con 14 vittorie e 36 sconfitte.

Nel 1999-2000 è assistente allenatore dei Portland Trail Blazers poi nel 2000-2001 diventa un addetto allo scout cioè alle statistiche, dei San Antonio Spurs.

Nel 2001-2002 rientra in Italia, ancora a Treviso, e la Benetton è ancora Campione d’Italia.

Il 2003 è l’anno del grande richiamo del basket NBA: i Phoenix Suns cacciano Franck Johnson e Mike D’Antoni prende la squadra dell’Arizona. In due stagioni arriva in entrambi i casi alla finali di conference: nel 2004-2005 perde coi San Antonio Spurs 4-1, l’anno dopo coi Dallas Mavericks per 4-2.

E l’NBA lo premia come miglior allenatore dell’anno proprio nel 2005. Il mondo dei professionisti si accorge che la bravura mostrata in campo si è saputa trasferire in panchina. Tanto che nel 2007 è uno dei 4 tecnici all’All Star Game, un grande e significativo riconoscimento.

Il 10 maggio 2008 Michael D’Antoni firma un bel contratto coi New York Knicks: e lui, tenace, orgoglioso e preparato, sarebbe durato, nella Grande Mela, per 4 anni. Se ne va nel marzo 2012 dopo 121 vittorie e 167 sconfitte.

Sarebbe tornato a novembre dello stesso anno, su una panchina peraltro illustre, quella dei Los Angeles Lakers, al posto di Mike Brown. Lavora coi giallo-viola californiani per due anni.

Nel 2016 prende gli Houston Rockets, coi quali arriva alla semifinale di conference dell’Ovest persa, in un derby tutto texano, con i San Antonio Spurs. Che vincono 4-2.

Non è un caso, che alla fine dell’anno, la sua squadra abbia le migliori percentuali al tiro da 3 punti. Come quando giocava. In questo, il tempo non è passato, buon Mike. Happy birthday!