Laurea, Zecchi: “Ossessione di genitori e ragazzi”. Nei giorni scorsi ci siamo trovati a ragionare su quali motivazioni avrebbero potuto spingere una giovane studentessa a lanciarsi nel vuoto nel giorno della discussione della sua tesi di laurea. Il caso di Giada, studentessa molisana iscritta all’università Federico II di Napoli, è di facile lettura e nella sua esasperante drammaticità, racconta come un fallimento difficile da gestire possa condurre in un tunnel senza uscita fatto di bugie, alterazioni della realtà e distorsioni della mente. Giada da più di un anno non era iscritta al suo corso di laurea e da quasi tre non sosteneva un esame, eppure aveva disposto personalmente ogni dettaglio della sua festa di laurea, fino alla scelta delle bomboniere.
Quando il terribile epilogo della sua troppo breve vita ha fatto il giro del mondo, quando tutti noi abbiamo appreso della sconcertante fine di Giada dai giornali e dai siti di informazione, ognuno di noi ha maturato una riflessione, si è fatto un’idea. Un professore ordinario dell’università di Teramo ha consegnato la sua riflessione alle pagine social di Facebook e, a breve giro di posta, le sue parole le abbiamo lette tutti. Non prendete l’università come una gara, non vivetela come una corsa ad ostacoli, si tratta di un percorso di formazione all’interno del quale ci si dovrebbe preoccupare di crescere e migliorare, non di assecondare le ambizioni di parenti e amici o rincorrere una votazione che dovrebbe parlare al posto nostro, della nostra passione e della nostra bravura.
Stefano Zecchi, scrittore, giornalista, ex accademico, intervenuto ai microfoni di radio Cusano campus ha espresso un concetto che prende le distanze dalle parole espresse dal collega di Teramo:
“E’ vero che l’università dovrebbe essere solo un percorso di formazione ma nella sostanza non lo è, è una battaglia, c’è una selezione e il più delle volte la selezione stessa non tiene conto del merito o dell’impegno ma si lascia il posto al nepotismo e alla raccomandazione. Tutto questo può scoraggiare in maniera decisiva gli studenti che per fortuna non decidono tutti di togliersi la vita, che è ben più sacra di una laurea, ma che comunque si scoraggiano e abbandonano. La politica è solo capace di assillare i giovani con gli annunci drammatici di disoccupazione giovanile in costante aumento ma poi non è in grado di ascoltarli, di intervenire sulle criticità del sistema accademico. Le famiglie, da par loro, soffocano i figli con ambizioni irricevibili ed inarrivabili e solo in alcuni casi hanno gli strumenti per operare a supporto del figlio disorientato”.
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Riflettiamo sull’accaduto e sulla società malata che stiamo costruendo