Zico il più forte calciatore brasiliano dell’era moderna

Unico neo: non aver vinto il Mundial conquistato dall’Italia nel 1982

 

Arthur Antunes de Coimbra. Va meglio se diciamo Zico? E’ stato uno dei più grandi calciatori mai visti su un rettangolo verde, pur se non capace di conquistare un Campionato del Mondo.

Nato a Rio de Janeiro il 3 marzo del 1953 sarebbe poi diventato allenatore, all’estero, fino all’Estremo Oriente, e dirigente sportivo.

Chi in Brasile menziona Zico pensa al Flamengo, la società con cui ha iniziato nel 1967, a 14 anni, e con la quale sarebbe diventato a brevissimo giro di tempo, un professionista. Con la illustre casacca avrebbe vinto 4 Campionati brasiliani, una Coppa Libertadores, che equivale all’europea Coppa dei Campioni, e una Coppa Intercontinentale. In mezzo due volte è stato capocannoniere con 300 reti segnate.

E’ stato eletto miglior calciatore sudamericano dell’anno per tre volte, nel 1977, nel 1981 e nel 1982. Raffinato centrocampista, ha giocato anche da attaccante in qualità di seconda punta.

Il Brasile è eliminato dai Mondiali perché, nel bel mezzo del girone triangolare dei quarti di finale, supera l’Argentina, ma inciampa con l’Italia di Enzo Bearzot, per 3-2, con il quarto gol di Antognoni che era anche regolare ma venne annullato.

Nell’estate del 1983 Zico passa all’Udinese. La cifra era record: 8 miliardi di lire. Il presidente Mazza ci vide lungo già all’epoca, come poi avrebbe fatto Pozzo con altri celebri e talentuosi rappresentanti della pedata.

Il primo anno Zico segna 19 reti, una in meno dello juventino Michel Platini. La seconda stagione va in rete solo 3 volte, tra un infortunio e l’altro.

A fine stagione viene squalificato per insulti all’arbitro e lascia l’Italia, per un nuovo abbraccio del Flamengo.

Nel 1991 il brasiliano tenta l’avventura nel lontano Giappone, ai Sumitomo Metals, con la cui maglia segna 26 reti in 31 gare disputate. L’ultimo anno passa ai Kashima Antlers: 24, le gare, 15, i gol.

Nel complesso il talentuoso Zico ha giocato, tra partite ufficiali e non ufficiali, 1180 partite, avendo segnato 826, poco meno di 300, rispetto a Pelé.

Dicevamo del percorso vissuto con la squadra nazionale verde-oro: nel 1978 il Brasile è giunto 3° davanti all’Italia. Si giocava in Argentina. Del 1982 abbiamo già ricordato quell’Italia capace di superare lui, Socrates, Edinho e una squadra irripetibile. Nel 1986 ai quarti contro la Francia, si giocava in Messico, Zico sbagliò un rigore. La partita si prolungò fino ai tiri di rigore, dove Zico segnò ma passarono i transalpini.

Con il Brazil Zico ha segnato 52 volte in 72 gare.

Artur Antunes de Coimbra lascia il Calcio nel 1994 e 4 anni dopo è il vice di Mario Zagalo allenatore del Brasile: Zico fa anche da coordinatore tecnico, visto lo spessore e il carisma. Anche se il presidente federale Teixeira caccia tutti e due dopo la finale persa nel campionato del mondo con la Francia padrona di casa.

Sarebbe tornato in Giappone, per riprendere quel legame coi Kashima Antlers, che porta, contro ogni pronostico, al 2° posto finale. Tanto che dal 2002 al 2006 la federcalcio nipponica gli affida la Nazionale. E i sacrifici ripagano il Giappone e Zico: vincono, insieme, la Coppa d’Asia 2004 e qualificano la nazionale del Sol Levante ai Mondiali di Germania. Anche se dopo un solo pareggio in 3 partite, 0-0 con la Croazia, viene eliminata al primo turno.

Zico torna a guidare una squadra di club dall’estate di quell’anno: va al Fenerbahce, al posto di Cristoph Daum. E la squadra di Istanbul vince il campionato. Il che spalanca le porte della Champions League, dove il Fenerbahce è messo fuori dal Chelsea.

Zico semina bene persino in Uzbekistan, dove raggiunge il connazionale e ulteriore fenomeno Rivaldo. Guida il Bunyodkor, che vince con due mesi di anticipo il campionato. Nella Champions League d’Asia la compagine uzbeka esce in semifinale, miglior risultato di questa realtà.

Nel 2009 va al CSKA senza raccogliere fortune. Lo stesso per la successiva avventura, in Grecia, all’Olympiakos.

Sarebbe tornato in patria per fare da direttore tecnico del Flamengo. E poi in Iraq per guidare la nazionale. Quindi in Qatar all’Al Gharafa. Meglio va in India, col Goa, dove è secondo, nella stagione regolare, e sconfitto nella semifinale play-off per il titolo.

Diciamo che da tecnico non ha ottenuto quanto ha seminato.