Le Madri di cui parliamo sono innanzitutto quelle di tutti i caduti in Russia così come ad El Alamein.
I primi caduti senza particolari onori o rimasti tagliati fuori e salvati dai contadini di quelle aree e i
secondi nei pochissimi sopravvissuti della divisione folgore che ricevettero l’onore delle armi da
parte del vincitore inglese.

La Mamma di cui parliamo è anche quella del Carabiniere Salvo D’Acquisto in corso di beatificazione
che diede la sua vita in cambio di quella altrui o la mamma dei sette fratelli Cervi trucidati da fascisti
e nazisti. Sono le madri dei 7.000 caduti di Cefalonia, abbandonati dopo l’8 settembre da un Re che
fuggì da Roma per paure.

Sono le Madri di tutti i figli mai nati a causa della guerra e per tutte quelle altre che incidono per l’ignavia umana generale, come avrebbe detto Oriana Fallaci.

Infine, sono le donne che finalmente cessata la guerra ottengono il diritto e il dovere del voto, che
sono entrate a far parte dell’Assemblea Costituente e che da quel momento sono a pieno titolo
rappresentanti della società italiana a quell’epoca impaurita, devastata dall’occupazione militare,
prima germanica poi alleata (si pensi alla città-stato territorio libero di Trieste che senza il
governatore rimase in piedi fino al 1954 e che da allora divisa nelle sezioni A e B: A governatore
nominato dall’Italia, B governatore nominato dalla Jugoslavia, oggi dalla Slovenia), ma pronta a
riprendere il cammino ripartendo da quell’edilizia che ha atteso a ridare la dignità del lavoro a quei
soldati che sopravvissuti si liberarono della divisa, cacciarono i tedeschi da Napoli e pur privi di che
mangiare, coltivano, amano, sistemano negozi e riprendono le attività.

A Brescia considerata la distruzione della Germania, il giovane Commendator Pasotti nell’estate del
1945 passando per la Svizzera, incominciò a portare viveri e vestiti agli industriali tedeschi
variamente nascosti in territorio germanico in molti casi anche per sfuggire a eventuali rappresaglie
da parte delle potenze alleate vincitrici, mentre Pompeo Colajanni – detto Barbato – da partigiano
di Enna, diretto discendente della storica famiglia parlamentare, andava a liberare Torino e mentre
altre Madri di contadini a Portella della Ginestra piangono sui figli altrettanto contadini sindacalizzati
uccisi dai briganti facenti capo a Salvatore Giuliano in occasione del primo maggio del 1947.
Le donne che entravano a far parte dell’Assemblea Costituente Repubblicana, furono 21: 2
socialiste, 9 comuniste, 9 democratico-cristiane; ma portatrici dell’evento della diffusione
universale del diritto di voto attivo e passivo che ridava così dignità non solo a quelle Madri che
andavano a votare, ma anche a quelle madri dei ragazzi ebrei sefarditi libici che Mussolini ordinò di
uccidere nella fortezza di Giado e che poi negli articoli economici pongono alla base del nuovo paese
il crescere comune, come avviene da sempre nel mondo islamico con l’obbligazione del crescere
insieme.

L’attuale dibattito intorno alla concessione della cittadinanza italiana e pertanto alla sequela di
diritti e doveri afferenti le genti che provengono dall’Africa, dal Medio Oriente e da un Oriente
lontano come l’Afghanistan o il Pakistan o il Bangladesh e da quello vicino come Romania, Albania,
Moldavia, Ucraina e Nagorno Karabakh, ripropone oggi il tema che fu proprio dei giorni successivi
alla fine delle operazioni belliche del 1945, tempo nel quale un’intera parte del paese fu finalmente
ammessa a godere della pienezza dei diritti civili e politici con un pieno riconoscimento della pari
dignità fra le persone avvenuta più tardi con l’abolizione dal codice penale del cosiddetto delitto
d’onore; abolizione che consentì di parificare nella pari dignità davanti alle leggi antiadulterine,
uomo e donna.

La questione si pone oggi per quell’8%, ma che con il passare del tempo tende ad aumentare fino al
10% e poi al 20%, di soggetti che a vario titolo e in vario modo pervenuti in Italia, qui vi svolgono o
un’attività di lavoratore dipendente o di lavoratore autonomo, o addirittura di imprenditore e
consente loro di ricevere tutele previdenziali e assistenziali e che con il pagamento delle imposte e
dei diritti previdenziali connessi alla loro funzione, consentono al “sistema” di procedere oltre.
Il tema è estremamente importante e questione di dignità sostanziale non tanto per gli immigrati in
quanto tali, ma quanto piuttosto per i loro diretti discendenti che risentono di quella stessa
esclusione che portò gli arabi di Libia a crescere con un forte risentimento nei confronti dell’Italia
occupante.

Fra gli anni ’30 e ’40 nonostante il lungimirante governo Balbo, mentre i piccoli ebrei libici venivano
equiparati ai cittadini italiani emigrati, i ragazzi arabi erano esclusi dalle scuole italiane, mentre
potevano giocare per strada con i ragazzi ebrei e con i ragazzi italiani. È bene ricordare che quando
l’Italia per vicende belliche fu cacciata dalla Libia, l’intellettuale arabo presente su quel territorio
cresciuto sotto l’Amministrazione italiana aveva al più la quinta elementare.

Arrivata l’amministrazione inglese fu facile per quest’ultima, all’inizio degli anni ’50, lasciare mano
libera a molti arabi libici a prendere le misure, picchiando i ragazzi ebrei in varia misura e modo.
Diversamente che da noi, in Africa l’aborto non viene praticato per ragioni sociali in maniera così
massiva come quella a cui siamo abituati essendo la maternità molto più accettata e in alcuni
contesti addirittura necessaria. Tantissimi bambini anche appena nati arrivano senza genitori in
Italia o con la loro Madre. Il problema è quello di evitare la dispersione delle identità; chi viene in
Italia vive in maniera italiana e deve essere integrato acché non si alieni nel contesto nel quale non
è inserito, radicalizzandosi in un processo che abbiamo già visto effettuarsi in Francia come in
Inghilterra, in Belgio, come in Olanda e in alcuni casi come in Germania.

La nostra esperienza coloniale è stata un’esperienza tutto sommato assai breve, non superiore
comunque al secolo, a fronte di quelle portoghesi, francesi, inglesi, belga e germaniche lunghe taluni
secoli che portarono a rintracciare anche in sede biblica la ragione della separatezza fra l’uomo
bianco e l’uomo nero come il Sudafrica e la Rodesia al suo tempo ci avevano insegnato o come in
altro contesto anche la Cina occupata dal Giappone o prima dalle potenze occidentali ci hanno fatto
vedere.

Come avvenuto a Tianjin la presenza italiana si è espressa soprattutto attraverso il lavoro
arricchente degli architetti, così come ad Asmara, Benghasi, nei dintorni di Misurata o a Tripoli o a
Addis Abeba, le cui realizzazioni sono ancora là, oggi se possibile ulteriormente valorizzate salvo il
caso libico dovuto al persistere della guerra. La fortuna degli architetti nelle colonie italiane, fu
dovuta al fatto che mentre in Italia nella progettazione delle nuove opere erano costretti a seguire
l’impronta fissata per il regime fondamentalmente da Marcello Piacentini e nell’Agropontino dal
cugino Giuseppe che peraltro salvò il paese poi dalla fame con l’appropriato uso dello strumento
alimentare anche di importazione atto a consentire la sopravvivenza fisica della gente di Napoli,
Roma, Firenze, Torino, Genova, dove la rarefatta produzione locale non consentì fisicamente alla
gente di sfamarsi per almeno 5-6 anni.

Il problema infine si ripropone alla luce delle notizie di un signore che è stato avantieri fermato dalla
polizia di Nanterre in Francia perché accusato, si dice da fonti giornalistiche sulla base di prove e
non di indizi, di aver ricevuto finanziamenti non dichiarati dal leader libico Gheddafi per 5 milioni di
euro in contanti (qualcuno dice anche 50) nel 2007 come strumento per finanziare la campagna
elettorale di tal Signor Sarkozy anche lui proveniente da padre immigrato.

Il problema non è tanto quello che abbia nascosto il denaro ricevuto e non dichiarato, ma che non
grato per la “cortesia” che un tempo lamentava Giucurta che avendo corrotto quasi tutto il Senato
di Roma, discuteva con Caio Mario di essere poi stato messo a morte. Lo stesso avvenne con il
benefattore Gheddafi che fu passato per le armi non in maniera dignitosa come poté succedere a
Massimiliano D’Asburgo in Messico attraverso un plotone di esecuzione, ma infilzato prima con un
pugnale e poi con una pallottola alla testa.

Non deve stupire quindi se la gente di Sirte memore del proprio cittadino Gheddafi, violato e ucciso
senza processo, sia poi diventato accogliente nei confronti di quel ramo dello Stato Islamico che per
qualche tempo ha trovato rifugio nel suo territorio. La gente non dimentica e non trascura le cose
essenziali così come è l’appartenenza di una persona ad una comunità, in specie nel diritto islamico
o mutatis mutandis nel “Kanuni i lekë dukagjinit” scritto peraltro da un cattolico nel XV° sec. d.C.
che fu redatto e che viene ancora oggi applicato nelle province albanesi più remote dalla stessa
Magistratura ordinaria.

Ciò si inserisce peraltro nell’antico dibattito se un ordinamento giuridico sia modificabile o
interpretabile oppure se esso dato direttamente da Dio o dall’universalità dei saggi, non sia come
tale modificabile salvo la sua applicazione puramente analogica. La questione non è solamente di
stile perché nella sostanza riflette sulla natura soprannaturale delle leggi, oppure sulla natura
fallibile delle leggi per il tempo in cui cessano di esistere per l’intervento di una legge successiva. La
natura sovrannaturale delle leggi fissa i canoni a cui ci si deve strettamente attenere, uno su tutti il
biblico “Onora il Padre e la Madre” che estendendosi alla comunità di appartenenza dei singoli
soggetti diviene “Onora gli anziani della tua comunità” a qualsiasi epoca essi appartengano e a
prescindere da eventuali ideologie che dovessero aver portato o portare avanti.

Prof. Vincenzo Porcasi, docente dell’ Università Niccolò Cusano