Barry Sheene

L’inglese volante che arrivò

due volte in cima al mondo

 

Dagli archivi delle due ruote abbiamo estratto una storia di grande intensità, anche se finisce in maniera triste, perché Barry Sheene, inglese della periferia di Londra, ha saputo coronare il sogno di guidare le più veloci moto del mondo, e di conquistare due volte il titolo iridato. Ma poi se ne sarebbe andato troppo presto.

Figlio di un meccanico, Frank, che era amico e preparatore tecnico di Francisco Bultò, proprietario della Bultaco, la scuderia che mise in piedi una 50 centimetri cubici dotata di motore Ducati. Poi il giovane Barry Steven Frank Sheene avrebbe guidato una Triumph Tiger, ovviamente una Bultaco, e una Derby.

Classe 1950 comincia il rapporto con le gare a soli 18 anni mettendosi in mostra a livello nazionale. Nel 1970 esordisce nel Mondiale in occasione dell’ultima prova, in Spagna, e lo fece in due categorie: con la 500 si ritirò, con la 125 pilotava una Suzuki e arrivò addirittura secondo. Infatti nel 1971 la ottavo di litro lo vide gareggiare alla grande in sella a una Suzuki, con cui vince 3 Gran Premi; un quarto lo avrebbe condotto in testa fino alla fine alla guida di una Kreidler. Poi entra in una fase di anonimato fino al 1973 quando partecipa e vince la prima edizione della Formula 750.

Il ragazzo, a 24 anni, è pronto per la Moto 500, l’attuale Moto GP: e lui ripaga la fiducia delle scuderie che scommettono sul suo talento con 19 vittorie: le quali lo portarono in vetta al Campionato del Mondo sia nel 1976 che nel 1977. Due titoli assoluti di grandissimo prestigio, portati a casa in 7 anni, fino al 1981.

Il 28 giugno 1975 ad Assen, Olanda, che veniva considerata come la gara della maturità agonistica per tutti, ciò che sarebbero diventati Laguna Seca e il Mugello in questi anni, Barry Sheene porta la Suzuki 4 nella mezzo litro superando Giacomo Agostini alla curva che precedeva il traguardo. Ma nello stesso anno partecipa a una gara di fama planetaria, a Daytona, Stati Uniti, quando alla sua Suzuki TR 750 scoppia la gomma posteriore, e Barry vola a 280 km orari rimediando fratture di ogni tipo.

Dopo i due mondiali vinti Sheene dovette fare i conti con un altro pilota bravissimo, tale Kenny Roberts, che lascia all’inglese il 2° posto finale nel 1978 e il terzo nel 1979 quando Barry deve chinarsi anche all’italiano Virginio Ferrari, vicecampione del mondo dietro all’americano.

Tremendo anche l’incidente in Francia, sul circuito Paul Ricard, nel 1980 quando subisce l’amputazione del mignolo della mano sinistra.

L’ultima vittoria in un Gran Premio del Mondiale Barry Sheene la ottiene alla guida di una Yamaha, nel 1981.

Esuberante di carattere come i grandi appassionati di motori e in particolare delle due ruote, Barry Sheene nel 1982, a Silverstone, Gran Bretagna, finisce con la sua moto contro quella del francese Patrick Igoa, caduto davanti a lui e rimasto al centro della pista. Per ricomporre le gambe dell’inglese ci vogliono 27 viti, con una richiesta specifica, da parte dei dottori: chiesero a Sheene di lasciare le corse.

Lui, naturalmente, non se ne diede per inteso, e, nel motomondiale 1984, in Sudafrica, conquista un podio sotto un violento acquazzone.

Tutti gli incidenti e gli interventi chirurgici che ci sono voluti, comprese le tante viti nelle ossa, gli sono costati il primato del pilota con più fratture nella storia della Moto GP.

Sono rimaste nell’immaginario collettivo, oltre alle sue due conquiste del titolo di Campione del Mondo, alcune storie accadute in diversi aeroporti. Passando ai controlli fatti per la presenza di metalli o oggetti pericolosi o armi, Barry provocava sempre il suono degli allarmi. E ogni volta doveva spiegare i suoi tanti infortuni, i suoi diversi interventi dal chirurgo e le viti che aveva in corpo. Tanto che lo chiamavano Iron Man, l’Uomo di Ferro, come il celebre eroe dei cartoni animati.

Dopo una fugace parentesi con la Yamaha e un ritorno in Suzuki, lasciò le competizioni nel 1984. Andando a vivere in Australia perché il clima avrebbe portato migliorie a un fisico minato dalle tante fratture, da una parte. Dall’altra è diventato un apprezzato commentatore televisivo della disciplina amata.

Avrebbe in seguito guidato moto storiche come prima del Gran Premio di Donington, nella sua Inghilterra, dove vinse con una Norton 500. Dopo due mesi, nello stesso anno, giunse 2° dietro a un altro ex campione del mondo, Wayne Gardner, al festivali della velocità che si tenne nei boschi del Sussex, a Goodwood. Un posto che gli appassionati di Motociclismo conoscono bene, e che gli sportivi italiani del Ciclismo su Strada ricordano altrettanto bene. Perché lì, il 5 settembre del 1982, Beppe Saronni vinse per distacco il Mondiale su Strada.

Barry Sheene il 22 giugno 2002 viene a sapere una cosa che scalfirebbe la serenità a chiunque. Una notizia diffusa da lui stesso in agosto. Un annuncio che lascia tutti gli sportivi di stucco: ha il cancro, un tumore all’esofago e allo stomaco. Disse ai suoi tanti fan in giro per il mondo che avrebbe lottato, per vincere ancora. Ma lunedì 10 marzo del 2003 Barry vola via, stavolta in maniera imprendibile, quando si trova a Sydney, logorato nel corpo. Il giorno prima della morte avrebbe dovuto fare da starter al Gran Premio d’Australia di Formula1.

Un altro soprannome che gli venne affibbiato fu quello di “Baronetto”, perché nel 1977, fu insignito di Cavaliere dell’Ordine dell’Impero Britannico. Tutto ciò dopo aver bissato il titolo mondiale dell’anno prima.

Valentino Rossi, suo grande estimatore e ammiratore, lo ha omaggiato tanti anni dopo, dopo la vittoria al Gran Premio d’Australia, sventolando una bandiera che riportava il numero 7, quello da gara che Barry non lasciò mai, nemmeno dopo aver vinto i due mondiali conquistati. Come è noto il Campione del Mondo ha diritto, tanto nelle moto quanto tra le macchine, al numero 1, la stagione successiva. Lui non ne fece richiesta, semplicemente.

Complessivamente Barry Sheene ha disputato 102 gare arrivando sul podio 52 volte delle quali 23 al 1° posto, con 19 pole position alla partenza.