La Coppa Italia è…di rigore

Lazio quanti errori, dal dischetto

Pjanic firma l’ingresso della Signora all’ultimo atto

 

Come decidere l’ingresso alla finale di maggio a Roma dal dischetto degli undici metri. Con l’aggiunta che un dichiarato tifoso della Lazio fin da bambino, ha calciato l’ultimo dei cosidetti tiri di rigore, Romagnoli. Proprio sotto la Curva Nord frequentata da bambino. In questo la serietà professionale, nel Calcio, deve prevalere, sui sentimenti. Come accadde al suo idolo, Alessandro Nesta, quando tornò da avversario di fronte ai biancocelesti romani con la casacca rossonera addosso.

Il dettaglio delle semifinali – A Torino l’Atalanta impone un buon ritmo per 30′. E mette alle corde una Juventus slegata, irriconoscibile sul piano della costruzione del gioco. Vero è che i bianconeri di Massimiliano Allegri fossero privi di Higuain e Dybala, costretti a rimettere al centro dell’attacco Mandzukic, con due mezze ali a supporto tra le quali uno spento Douglas Costa.

Vero è che i neroazzurri di Gasperini fossero motivati a riscattare la figuraccia europea “casalinga” di Reggio Emilia col Borussia Dortmund. Ma vero anche che il piacere di rivedere Marchisio nel ruolo di intenditore non autorizzava il resto dei giocatori di Madama Juve a lasciare al solo Pjanic il doloroso compito di cantare la messa e portare la croce, come stava avvenendo per quasi tutto il primo tempo. Nel quale una sola occasione, con il poliedrico attaccante croato è stata una miseria a un certo punto capace di suscitare qualche “fischio” dalla piccionaia e dalla platea dello Stadium. Troppo modesta, la Juventus dei primi 46 minuti compreso quello inutile di recupero, per essere accettata, dopo l’1-0 di Bergamo che era dote semmai da rimpolpare.

Altra cosa, quella vista nella ripresa, che ha cominciato, con insistenza, a spingere in avanti e sulle corsie laterali. L’episodio che ha sbloccato la parità è giunto nella seconda parte della ripresa, ed è stato un calcio di rigore, pure tirato centralmente e male, da Pjanic, per ribadire quanto accaduto all’andata. Tanto è bastato, a un’Atalanta che si è andata via via affievolendo, per centrare la qualificazione all’ultimo atto della Coppa Italia.

All’Olimpico non è che si sia assistito a un migliore livello, anzi la sagra degli errori nel fondamentale del passaggio ha preso presto corpo. E per una Coppa Italia che è pur sempre un trofeo nazionale in parecchi si sarebbero attesi un altro livello. Ben altra espressione di gioco.

La Lazio ha provato con l’insistente azione dei suoi calciatori dotati di maggiore tecnica a far saltare il bunker del Milan. Ma le iniziative dei ragazzi di Inzaghi hanno sovente cozzato contro la “Linea Maginot” ben guidata da Bonucci.

Il Milan ha dimostrato alla distanza come sia migliorato nel possesso-palla e nelle retrovie. Dove si registra una compattezza difensiva mai avuta, ai tempi del modesto e mediocre Montella.

Già, quel “tecnico” che dava la colpa alla preparazione atletica, e ieri il suo Siviglia a momenti non incassa il pareggio a Malaga, contro l’ultima della classe. Vincendo con uno striminzito 1-0 e un solo tiro in porta dal 46’ al 90’.

Ai tempi supplementari il Milan di Rino Gattuso ha sfiorato il gol in contropiede, con un disgraziatissimo Kalinic in situazione di 3 contro 1.

Ai tiri di rigore il Milan aveva cominciato peggio, sciupando il primo e incassando quello della Lazio. Che ha gettato il vantaggio, arrivando sul 3-3 dopo 5 conclusioni. E ce ne sono volute altre due, per staccare il visto per la finale dello Stadio Olimpico di Roma. Dove il Milan ha confermato, solo qualche sera prima, di voler restare in Europa acuendo i problemi di una Roma disunita e piena di punti interrogativi. E di giocarsela con una Lazio troppo individualista, per essere quella stimata nei giorni migliori, compresa l’ultima vittoria in casa del Sassuolo.

La Coppa Italia sarà una questione tra Juventus e Milan, nella rivincita della finale di Doha di due anni fa. Quando il Milan, contro ogni pronostico, vinse ai tiri di rigore.

Quale Juventus ci sarà, a maggio, tra il rischio di non restare tra le elette del Vecchio Continente e la paura, concreta, che il Napoli non ceda lo scettro?

Il calabro allenatore rossonero è troppo saggio, per non sapere che la vecchia Europa, cara alla storia del Milan perché conquistata 9 volte tra le Coppe dei Campioni (7) e la Coppa delle Coppe (2), va ottenuta nel week-end.

O al massimo di lunedì. Per eludere brutte sorprese.