Nereo Rocco “Vinca il Migliore”. “Ciò, sperem de no!”

 

In questa frase tutta l’arguzia, la ficcante ironia del PARòN, Nereo Rocco da Trieste, primo allenatore italiano a vincere una Coppa dei Campioni con una squadra del nostro calcio, il Milan. Successe a Wembley, tempio mondiale del Football, davanti a tutta l’Europa. Quella compagine rossonera sconfisse in rimonta il grande Benfica di Eusebio con una doppietta di José Altafini.

Nereo Rocco nacque il 20 maggio 1912 nel rione di San Giacomo a Trieste, città tornata italiana nel 1954. Quando era piccolo la sua famiglia si trasferì nel “Rion del Re” oggi Rozzol, dove il Paròn avrebbe vissuto tutta la vita con la moglie, Maria Berzin, e i figli, Bruno e Tito. I genitori di Rocco vivevano una buona condizione economica per via del commercio delle carni. Il papà di Nereo era un austriaco, tanto che il cognome originale era Roch. Il nonno, Ludwig, borghese di Vienna, era un cambiavalute ma fuggì per amore di una ballerina spagnola maiorchina, che diventò la nonna del futuro Paròn. Il cognome italianizzato era Rocchi ma l’impiegato dell’anagrafe sbagliò trascrivendo Rocco, che poi sarebbe stato quello da tutti conosciuto.

Da ragazzino Nereo andava sempre al campo di Montebello a vedere l’Unione Sportiva Triestina, fino al 1932; anno in cui le partite casalinghe passarono alla stadio di Valmaura, la salita vicina al campo santo di Trieste. Che sarebbe divenuto Stadio Giuseppe Grezar e, dal 1992, Stadio Nereo Rocco.

Da giocatore l’avventura cominciò nelle giovanili della Triestina dal 1927 al 30. Prima di diventare un giovane atleta, Nereo organizzava dei piccoli tornei con gli amici fino a quando lo notò il dirigente della Ginnastica Triestina Ovidio Paron. Il resto lo fece il suo amico Piero Pasinati, che lo incoraggiò a giocare con le giovanili. L’esordio in Serie A ci fu il 6 ottobre 1929: Torino batte Triestina 1-0. Lui era titolare, quel giorno, e lo divenne fisso, a soli 18 anni, da mezz’ala. Con la maglia della sua città giocò per 7 stagioni, 232 presenze e 66 gol segnati, da centrocampista e da attaccante.

Poi il viaggio al Sud, Napoli, acquistato per 160.000 lire, tante, per quel periodo. E rimaste nella città partenopea fino al 1940, con 52 presenze in Serie A, in 3 anni, e 7 gol firmati. Ma Napoli è importante perché nel 1939 nasce il primogenito, Bruno. Poi Nereo Rocco visse il suo primo, immenso amore calcistico: il Padova, fino al 1942, nonostante la società militi in Serie B, dove gioca 47 volte con 14 reti segnate.

Gioca un anno nella squadra del 94° Reparto Trieste mentre è militare e quel gruppo gioca in Serie C, niente male. Dopo la guerra, nel 1946-47, passa alla Libertas Trieste, dove fa da giocatore e allenatore: con questa società di nicchia milita ancora in Serie C. Da ricordare anche nel 1934 una presenza nell’Italia del Commendator Pozzo, che quell’anno vinse il primo dei due Campionati del Mondo, a Roma. Rocco venne impiegato in mezzo al campo in una partita di qualificazione alla competizione iridata, che l’Italia vinse per 4-0 contro la Grecia. In Serie A Rocco ha giocato 287 partite in 11 campionati con 69 gol. Non male, davvero. Anche se da tecnico avrebbe conquistato l’Europa e il Mondo.

Da allenatore guida per 3 anni la Triestina, fino al 1950, 3 anche il Treviso, e ancora il ritorno in Friuli Venezia Giulia, per un anno.

Nel 1954 passa al Padova dove resta fino al 1961 consegnando alla città veneta la Serie A. Quasi al termine del rapporto con il club patavino, nel 1960 guida la Nazionale Olimpica nella Città Eterna, in occasione delle Olimpiadi. Col Padova partì dalla serie cadetta, creando un gran gruppo che portò la piazza veneta nella massima divisione. Il Padova arrivò 3° nel 1958 e negli anni successivi proseguì una buon frequentazione della borghesia della graduatoria.

Ma il vero capolavoro di Nereo Rocco doveva ancora arrivare: lo costruì, con pazienza e con la proverbiale saggezza delle genti di Trieste, tra il 1961 e il 1963. Stagione in cui portò il Milan in cima a tutta l’Europa, per la prima, immensa pagina del calcio di club ai livelli assoluti.

Rocco vinse il primo campionato da allenatore nel 61-62, e fu la porta che spalancò l’Europa al club di Via Turati. In quella squadra brillava un collettivo strepitoso ma soprattutto Gianni Rivera da Alessandria, di soli 19 anni, che giocava con la classe di un veterano vicino ai Cesare Maldini, Giovanni Trapattoni, José Altafini. Che firmò i due gol decisivi per rimontare il Benfica in finale di Coppa dei Campioni, il 22 maggio 1963 a Wembley, tempio mondiale del Football.

Tutti pensavano che sarebbe rimasto alla corte del Milan e invece aveva dato la parola al presidente del Torino: andò nel capoluogo piemontese, sponda granata, per tre anni, culminati con il terzo posto nel campionato italiano nel 1964-65, per poi diventarne direttore tecnico nel 66-67.

Nel 1967 il Milan lo riprese da allenatore, quasi per la chiusura di un cerchio meraviglioso, giottesco. E come era successo la prima volta, vinse lo scudetto, che avrebbe schiuso le porte a una seconda conquista europea. In mezzo portò per mano i rossoneri a vincere la Coppa delle Coppe. Nel 1969 il Milan, quando l’attuale Champions League inseriva solo una squadra per nazione più la detentrice, arrivò in finale contro l’Ajax, il nascente astro del calcio totale. A Belgrado vinse 4-1 il Milan, con tripletta di Pierino Prati, un rigore del lancere Vasovic e un gol di Angel Benedicto Sormani.

La seconda Coppa Campioni del Milan portò i rossoneri alla conquista del mondo, che nel 1963 era sfuggita davanti al Santos di Pelé. Questa volta la doppia sfida era contro gli argentini dell’Estudiantes, e il Milan uscì dall’inferno di Mar de la Plata con un solo gol di divario, nel duplice confronto. Il Milan era diventato Campione del Mondo. Con gente del livello di Rivera e Lodetti, del triestino, come lui, Fabio Cudicini, portiere, di Kurt Hamrin, svedese avanti con gli anni che aveva anche a Padova.

Il rapporto Milan-Rocco portò a un ulteriore raccolto assai proficuio, sia in Italia, con tre Coppe nazionali, che all’estero, con una seconda vittoria nella Coppa delle Coppe. Tutto questo con una compattezza di gruppo forte, radicata. Ecco un esempio del rapporto tra l’uomo e il tecnico, e i suoi seguaci sul rettangolo di gioco. All’apparenza burbero dal cuore buono: in realtà grande psicologo e profondo conoscitore dell’animo umano.

Nel 1974 l’allenatore di Trieste lasciò il sodalizio rosso-nero per divergenze con i vertici societari.

Nereo Rocco scelse Firenze e Firenze scelse lui. La sua esperienza avrebbe fatto maturare giovani di sicuro valore tecnico e tattico quali erano Antognoni, Della Martira, Mimmo Caso, Guerini, Desolati. Quella squadra arrivò ottava ma lui la lasciò in primavera; a fine stagione quel gruppo vinse la Coppa Italia.

Poi lo chiamò il Padova, come direttore tecnico, e con lo stesso incarico tornò al Milan, che gli riaffida la prima squadra dopo l’esonero di Pippo Marchioro. I rossoneri vincono la Coppa Italia 1977.

Nereo Rocco apparentemente burbero, dotato di un gran sense of humour e conoscenza della testa dei calciatori, ha vantato per 28 anni il record di presenze da tecnico di Serie A. Il trestino ha contato 787 panchine, superato, nel 2006, da Carlo Mazzone, giunto a 795.

Nereo Rocco ha vinto due campionati di Serie A, due Coppe dei Campioni delle quali una trasformata in Coppa Intercontinentale; due Coppe delle Coppe, tre Coppe Italia. Lo hanno definito, ogni tanto, catenacciaro, ma se vogliamo fare una analisi più approfondita, è stato il più moderno, con Valcareggi, nel DopoGuerra. Con quel libero capace di dare il via a un’azione partendo da dietro, palla al piede, e staccando l’ultimo difensore per dare più copertura al proprio portiere.

Nereo Rocco morì a 67 anni nemmeno compiuti, all’Ospedale Maggiore di Trieste. Se ne andò a febbraio, pochi mesi prima che il suo Milan, nel frattempo guidato da Nils Liedholm, vincesse lo scudetto della Stella.

La città di Trieste, nel 2012, gli ha dedicato una stupenda mostra per ricordare il centenario dalla nascita, presso il Magazzino 26 del Porto Vecchio.

La figura del tecnico triestino è ricordata a Milanello, centro sportivo del Milan, con una statua in suo onore che riporta la scritta Xé omo (Ecco un uomo).

A Rocco sono intestati la via di Padova che porta allo stadio Euganeo, quello di Marcon (Venezia) e quello di Trieste, inaugurato il 18 ottobre del 1992, a 23 anni dalla scomparsa.

Da allenatore è stato Seminatore d’Oro nel 1963 e dal 2012 è stato inserito nella Hall of  Fame del Calcio italiano.