Il diritto internazionale umanitario è un settore che sempre più sta scavando la sua nicchia nel mercato del lavoro moderno. Si tratta di una branchia, infatti, che, per spirito sovranazionalistico, richiede competenze e professionalità ancora rare da scovare. Ecco perché, essendoci una domanda ancora non del tutto evasa, si sta formando un’offerta dettagliata nella quale potreste mettervi in coda anche voi in cerca di un lavoro definitivo e stimolante. Per capire meglio la situazione mondiale, quali corsi post laurea sul diritto internazionale umanitario ci sono e quali sbocchi occupazionali effettivi ci si deve aspettare, vi forniamo questa guida. Una guida che non può non iniziare con la definizione della materia. Si tratta, secondo Wikipedia, “dell‘insieme delle norme di diritto internazionale che riguardano la protezione delle cosiddette vittime di guerra o vittime dei conflitti armati”. In buona sostanza, si tratta di imparare a gestire i diritti lesi di chi è finito al centro di un conflitto, con tutte le orrende conseguenze che ne conseguono. Facile? No. Interessante? Molto. Ecco una prima base per farvi un’opinione ferrata sull’argomento e per iniziare a ponderare se sia il caso o no di studiare per specializzarvi in questo know-how- Buona lettura.
Sta crescendo. Sta diventando basilare per la nostra società moderna. Il diritto internazionale umanitario sta diventando una pietra angolare delle nuove professioni, perché ne racchiude tutte le caratteristiche più importanti. Ha un afflato internazionale, perché al suo interno le lingue sono importanti e viaggiare è la base dell’impiego. Ha un’utilità sociale, perché fare del bene a chi sta male, per fortuna, è un concetto rivoluzionario sempre più accettato dai giovani, dai Millenials soprattutto.
Questa specializzazione, d’altronde, sostituisce una parte molto importante del diritto internazionale pubblico ed include le regole che, in tempo di conflitto armato, proteggono le persone che non prendono (o non prendono più) parte alle ostilità e pongono limiti all’impiego di armamenti, mezzi e metodi di guerra.
Per saperne di più dovete formarvi. Come? Per esempio iscrivendovi al bellissimo master di primo livello in “Studi strategici” di Unicusano che ha messo in piedi un iter didattico fatto di professionisti del settore e di materiale scottante di attualità. Questo fa emergere subito la prima particolarità del corso e cioè la sua multidisciplinarietà. Sarebbe stato impossibile entrare nel vivo di un simile tema in mezzo ai muri delle materie.
A proposito di questo, ecco cosa studia un esperto di diritto internazionale umanitario:
- Relazioni internazionali;
- Politica economica;
- Cultura della sicurezza e cenni sull’Intelligence;
- Politiche di difesa e sicurezza comune;
- Operazioni militari differenti dalla guerra (pecemaking, peacekeeping, peace enforcing);
- Pensiero strategico nelle dottrine militari (ex “Area Guerra e strategia”);
- Elementi di strategia in campo ambientale ( Accordo di Parigi);
- Elementi di psicologia per la leadership e programmazione neuro-linguistica;
- Il diritto internazionale umanitario e il diritto internazionale dei diritti umani : tratti fondamentali, ruolo e impatto sulle politiche strategiche internazionali;
- Analisi Geopolitica (ex “Area Studies”).
Un bel corpo di testi che faranno di voi professionisti del diritto specializzati in una nicchia ancora poco frequentata ma già molto ambita dalle aziende o meglio dalle organizzazione internazionali. Se vi state domandando, infatti, dove si lavora col diritto internazionale umanitario, la risposta è in tutte le Ong (Organizzazione non governative) e affini del mondo. Purtroppo le guerre nel globo sono tutt’altro che finite, al momento quelle note sono oltre 30, e un know-how sul diritto delle vittime di guerra è davvero prezioso.
Ogni cosa ha un suo costo, però, ed anche qua la regola è valida. Da un punto di vista dell’impegno personale, si tratta di 1500 ore complessive di lezione da vedere in video sulla piattaforma di eLearning. Da un punto di vista pecuniario, il costo del master di diritto internazionale dell’università Niccolò Cusano è di 1500 euro, che diventano 1200 se fate parte della Pubblica Amministrazione o se avete conseguito una laurea presso il loro ateneo.
Per valutare se tutte queste informazioni potranno stuzzicarvi, però, lasciateci spiegare un paio di concetti chiave che vi aiuteranno a contestualizzare meglio questa offerta didattica post laurea.
I Caschi Blu
Strettamente collegati all’immaginario collettivo del mondo del diritto internazionale umanitario ci sono i caschi blu. Chi sono? Che fanno? Sono davvero utili? Andiamo con ordine a rispondere ai giusti quesiti. Si tratta di uomini costituenti la forza militare internazionale non combattente al servizio dell’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite). Perché indossano un casco blu? Per distinguersi visivamente da quel che concettualmente è chiaro e cioè che non si tratta di altri eserciti.
Di cosa sia occupano i caschi blu? Le loro mansioni sono talvolta pericolose perché, anche se non belligeranti, hanno la funzione di tentare di calmare e riordinare delle rivolte, talvolta segnate da terribili eventi. Non molto facile. Lo dice la Storia. Alla fine degli anni ottanta, infatti, il mondo occidentale nutriva molte speranze nella loro influenza e lo testimonia il premio Nobel per la pace che è stato assegnato a loro nel 1988. Poi?
L’efficacia dei caschi blu è reale? La domanda è nata nella testa di molti dopo il fallimento delle operazioni in Bosnia Erzegovina, Somalia e Ruanda negli anni novanta tanto che, per il peacekeeping, è iniziato quello che lo stesso Onu dichiara essere “un periodo di riassestamento” di cui ancora non si vede la fine. Al momento i soldati Onu sono diventati poco di più che membri di un’organizzazione non governativa e si occupano più che altro:
- del supporto alla preparazione di elezioni;
- del controllo del rispetto dei diritti umani;
- del vigliare sulla tutela dello stato di diritto.
Lo stato attuale degli elmetti blu dice che sono ancora in azione in diverse parti del mondo ma l’attualità dice anche, in modo spietato, che, di fronte alle situazioni critiche degli ultimi anni, l’ipotesi di inviarli non è stata neanche discussa. Tecnicamente per il loro intervento c’è bisogno dell’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza, dove i cinque membri permanenti hanno il potere di veto. Burocrazia che complica uno strumento complicato.
Il trattato di Ginevra
Importante, nelle vostre valutazioni, è conoscere anche i contorni del trattato di Ginevra, noto anche come la Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati o come la Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati. Di base è un trattato multilaterale dell’Onu che definisce chi sia un rifugiato. Non solo Sancisce i diritti di quelli che hanno ottenuto l’asilo e le responsabilità delle nazioni che questo asilo lo garantiscono. Tra le particolarità del trattato di Ginevra c’è anche lo stabilire quali persone non si qualificano come rifugiati (come ad esempio i criminali di guerra).
Il fondamento della Convenzione di Ginevra è l’articolo 14 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, che riconosce “il diritto delle persone a chiedere l’asilo dalle persecuzioni in altri paesi. Un rifugiato può godere di diritti e benefici in uno stato in aggiunta a quelli previsti dalla convenzione”.
L’articolo 1, modificato dal protocollo del 1967, dà il pavimento su cui camminare in questo settore e cioè una chiara definizione di rifugiato che è la seguente:
- “Chiunque nel giustificato timore d’essere perseguitato per ragioni di razza, religione, cittadinanza, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato; oppure chiunque, essendo apolide e trovandosi fuori dei suo Stato di domicilio in seguito a tali avvenimenti, non può o, per il timore sopra indicato, non vuole ritornarvi. “
Se questa piccola finestra che abbiamo aperto sul diritto internazionale umanitario vi affascina, date seguito ai nostri consigli e, quindi, a questa guida. Cercate altre informazioni in rete sul tema e su quello che su questo tema offre il settore della formazione.