Oggi raccontiamo la parabola di uno dei più grandi pugili, l’argentino Carlos Monzòn, campione del mondo per ben 7 anni, dal 1970 al 1977, perché l’8 gennaio scorso è stato il ventitreesimo anniversario della sua morte.
Monzon nacque a San Javier nella provincia argentina di Santa Fé il 7 agosto del 1942. E’ il sesto di dodici figli, il papà si chiama Roque, la mamma Amalia Ledesma, entrambi di origini spagnole e mocovì, le antiche tribù degli Indiani d’America.
Quando Carlos e la sua famiglia vanno nella più capiente città di Santa Fé, si ammala di tifo ma, contrariamente alle ovvie preoccupazioni dei medici, Monzòn dimostrerà di possedere un gran fisico, capace di portarlo, tra resistenza e capacità alla sofferenza, in vetta al pugilato per tanto tempo. La potenza e la fame di vittorie avrebbero fatto il resto.
Lascia presto gli studi per lavorare, da lustrascarpe, e in qualche caso è pizzicato a rubacchiare, venendo da una famiglia povera.
Lo riporta sulla strada giusta tramite il Pugilato Amilcar Brusa, il manager che rimarrà sempre al suo fianco. Carlos vince 70 incontri nei Dilettanti e nel 1963 passa al professionismo.
La prima borsa è di 3000 pesos argentinos, quanto ha guadagnato il padre in 30 anni di lavoro. Vince 67 volte e perde 3, nelle categorie giovanili e meno note, ma le rivincite sarebbero sempre state capaci di dargli ragione, per quanta rabbia ci metteva.
Alto 1 e 81, tanto per un Peso Medio, pesava 72 kg. e mezzo presentando difficilmente dei punti deboli, pur essendo un buon incassatore, dotato, peraltro, di un grande allungo. Tutto questo accompagnato dalla voglia di restare freddo e cinico, in grado di dominare il centro del ring e gli incontri vissuti con grande volontà di dimostrare che fosse lui, argentino di origini indios, il più forte di tutti.
La prima vittoria che lo porta alla ribalta è il titolo del Sud America, che lo porta a giocarsi il titolo mondiale a Roma contro Nino Benvenuti, il 7 novembre del 1970. Carlos vince per KO alla 12°, da illustre sconosciuto quale si presentò nella Città Eterna.
Carlos Monzòn torna in Argentina accolto come un eroe nazionale, da 200000 persone! Questo indio potente e avvelenato col mondo intero sa sorridere al suo popolo, ai suoi tifosi, che aumentano esponenzialmente.
Sei mesi dopo a Montecarlo a Benvenuti viene concessa la rivincita ma l’incontro finisce al terzo round perché l’angolo del nostro pugile getta la spugna; la sconfitta monegasca significa la fine della carriera per il pugile italiano.
Quella per Carlos Monzòn fu la prima difesa del titolo mondiale dei Pesi Medi: ne seguirono altri 13, di assalti al suo trono, tutti respinti; tra questi le vittorie sono state ottenute con Griffith, rivale storico di Benvenuti, Briscoe, Napoles, Tonna, e con il colombiano Rodrigo Valdéz.
Il grande Carlos Monzòn fa una cosa degna di un grande atleta, lascia da Campione del Mondo, proprio dopo aver battuto, per la seconda volta Valdéz, che gli succederà. Non avrebbe più avuto, l’argentino, la tentazione, pure umana, di tornare sul ring.
Lasciato il quadrato dei combattimenti, Monzòn prova a fare anche l’attore, in provincia di Roma, girando un western: per tutti, sarà sempre El Macho per come sferra i pugni alle comparse. Le quali, povere, vanno all’ospedale solo per aver recitato nella parte dei bandidos.
Lontano dallo Sport la vita personale e familiare di Carlos Monzòn è piena di rumorosi rapporti, nonostante sia stato accompagnato dalle bellissime Ursula Andress e Nathalie Delon, ex signora del noto attore francese.
Ma spesso l’ex pugile sale, per così dire, agli onori delle cronache di tutto il mondo perché è manesco e violento, con le sue donne. Anche verso la prima delle tre mogli avute, Mercedes, nonostante Carlos mostri amore, attenzione e tenerezza, verso i tre figli che gli ha dato. Per gelosia la prima mujer gli spara quando lui le confessi il flirt con Susana Giménez, ritenuta la Brigitte Bardot del Sud America; il problema è che nel frattempo, Alicia Muñiz, bella modella uruguagia, ha dato a Carlos Monzòn il suo quarto figlio. La reazione di Mercedes per poco non costa la vita all’instabile birichino e disinvolto uomo argentino.
Nella notte di San Valentino il 14 febbraio del 1988, Monzòn e la Muñiz hanno un violento litigio e lui uccide la mamma del quarto figlio, strangolandola. Monzon piangerà amaro, in tribunale, quando è condannato a undici anni di reclusione! Dopo sette di assoluta buona condotta e l’intervento di alcuni famosi e celebri amici, l’ex pugile ottiene la libertà vigilata fino al 1995. In tanti, compreso Nino Benvenuti, hanno provato, riuscendovi, a stargli vicino e a sostenerlo, moralmente ed anche sotto altri punti di vista.
Ma l’8 gennaio 1995 Carlos Monzòn partecipa a una battuta di caccia; mentre torna al carcere di Las Flores, dove deve pernottare, Monzòn a 140 kilometri orari con la macchina, sbanda, con l’autovettura che si ribalta più volte. Carlos vola via, imprendibile, a soli 52 anni, nella località di Los Cerrillos.
Di lui nella memoria collettiva mondiale di tante generazioni restano la grinta, la potenza, la rabbia nel voler perseguire la vittoria, che ottiene sui quadrati di tutto il pianeta. Purtroppo al di fuori era fragile ed eccessivo, e questo lo ha pagato a caro prezzo, quello estremo.
La International Boxing Hall of Fame lo ha definito uno dei più grandi pugili di tutti i tempi.