Scuola: cronaca di una deriva pericolosa
Da alcuni mesi a questa parte, le pagine di cronaca dei più grandi giornali nazionali annoverano sempre più spesso notizie che escono dai corridoi e dalle aule degli istituti scolastici del nostro Paese. Non era ancora iniziata la stagione delle famigerate occupazioni e il liceo Virgilio di Roma si lanciava in una protesta che sarebbe sfociata nell’ennesima occupazione, il cui risultato non sembrò tanto distante dal solito bilancio di fine “insediamento”: danni materiali di lieve e grande portata, bombe carta deflagrate nel cortile interno e mega rave party di chiusura con spaccio libero e vendita di alcolici più che organizzata. E dire che le ragioni della sollevazione erano più che legittime. Se andando ad assolvere al proprio ruolo, quello dello studente, si rischia di vedersi crollare il tetto sulla testa, anche l’occupazione può sembrare un modo lecito per cambiare le cose. Ma non è stato così. E pezzi di Virgilio sono continuati a cadere.
Poi le vicende, che definire incresciose è assolutamente riduttivo, che hanno letteralmente travolto due licei storici e prestigiosi della Capitale. Il liceo Tasso e il Massimo, dove illustri e integerrimi professori si sono lanciati in molestie tanto gravi da poter essere definite senza esagerazioni abusi sessuali, perpetrati, in alcuni casi, su studentesse minorenni. Quando la misura sembrava poter essere colma, l’ultim’ora che ti fa pensare che il peggio difficilmente si concede ad una morte improvvisa: ancora una 15enne la protagonista, questa volta al liceo Russell e durante la settimana di “didattica alternativa”, quel compromesso tra dirigenza e studenti volto ad evitare l’ancor più incontrollabile occupazione.
Tra un corso, un seminario e un work shop, la giovane liceale ha trovato il tempo di consumare una quantità tale di vodka da giungere al pronto soccorso dell’ospedale San Giovanni in coma etilico e in codice rosso. C’è stato un momento preciso, nella storia più o meno recente del nostro Paese, in cui la società ha smesso di essere “normativa” per divenire pericolosamente “emotiva”. Non esiste più quel perimetro definito da una norma entro il quale potersi lecitamente muovere, come non esiste più quel confine oltre il quale la norma stessa viene trasgredita e non resta che fare i conti con la punizione. Oggi la preoccupazione principale del mondo degli adulti è quella di misurare l’impatto emotivo di una valutazione, di una bocciatura, di un semplice rimprovero, sull’equilibrio psicologico di chi, di volta in volta, è chiamato a subirlo.
Non c’è più il valore formativo del fallimento. E’ per questo che si pensa di abolire le bocciature, semplificare gli esami, togliere i compiti a casa, fino all’introduzione degli smartphone in classe. Perché ai nostri giovani nessuno insegna più che cos’è fare bene, inteso in senso socratico. L’unico compito degli adulti è spazzar via dalle loro vite i problemi e gli ostacoli. Andiamo avanti così, dunque, facciamoli “solo” stare bene.