Quando nel Basket dici il nome, Dino, pensano tutti, di scatto, al più grande pivot mai uscito dall’Italia e che con Sabonis, è stato il più forte d’Europa d’ogni tempo. Dino Meneghin è nato ad Alano di Piave zona del Bellunese, il 18 gennaio del 1950. E pensare che con il suo fisico aveva cominciato con il Lancio del Disco, quindi nell’Atletica, prima di essere portato all’interno di una palestra, su un parquet, superficie che avrebbe cambiato la sua vita, messa a dura prova per l’impegno e gli infortuni; ma anche sua casa naturale fino alla veneranda età di 45 anni. Longevo e grintoso, duro sotto canestro per chiunque ma leale, ha rappresentato i migliori periodi per i due club più rilevanti del nostro movimento cestistico. Varese, con cui ha disputato per 10 anni di fila, una finale di Coppa dei Campioni vincendone 5. Cosa mai riuscita a nessun altro club, in tutte le discipline sportive del pianeta. Un ciclo meraviglioso. E con Milano, dove arriva nell’estate del 1981, già vincente, famoso, popolare e temibile, chiamato da un certo Dan Peterson, per far tornare grande l’Olimpia Milano. Intorno a lui e a D’Antoni il general manager Tony Cappellari costruirà una formazione da brividi, con i fratelli Boselli, Dino e Franco, con Roberto Premier, Ken Barlow, e Joe Barry Carroll, ma soprattutto con l’asso dei Los Angeles Lakers Bob Mc Adoo. Con loro Dino avrebbe giocato altre 3 finali di Coppa Campioni perdendo in maniera beffarda quella tutta italiana a Grenoble contro Cantù. Ma vincendone due, nell’87, con Milano prima in Europa a 21 anni di distanza dalle leggendarie Scarpette Rosse del Simmenthal; e l’anno dopo, sempre contro il Maccabì Tel Aviv di Doron Giamcky, Lee Johnson e dell’ex Barlow, passato a giocare per la più grande squadra d’Israele, che, come è noto, partecipa per motivi politico-geografici, ai tornei d’Europa.

Tutto questo senza in pratica mai fare le vacanze, perché Dino viene sistematicamente chiamato, come avviene anche a Marzorati, Sacchetti, Villalta, Caglieris e Riva, in Nazionale, e quindi ogni due anni le ferie sono cosa riservata ad altri. Con loro guidati da Sandro Gamba, a proposito di ex Scarpette Rosse di Milano, l’Italia vince il Campionato d’Europa per Nazioni a Nantes nel 1983, davanti a una Spagna davvero talentuosa, quella di San-Antonio e del playmaker Corbalan. E il che chiude uno stupendo ciclo già impreziosito dalla medaglia d’argento del 1980 a Mosca nella finale persa coi russi.

Dino dopo Los Angeles 1984 lascia la casacca azzurra, prosegue a contribuire in maniera determinante alle vittorie dell’Olimpia fino all’inizio degli anni 90, quando sceglie la sicurezza di Bepi Stefanel e Coach Tanjevic per terminare il suo lunghissimo percorso di 29 stagioni nella bella città di Trieste. E contro Varese, cosa riservata agli eletti, ha il piacere e la forte emozione di giocare contro Andrea, suo figlio, classe 1974, guardia e ala che fa bene anche in Nazionale.

La festa d’addio lo accomuna a Mike D’Antoni, che a differenza sua, prosegue come tecnico, nella pallacanestro NBA, mentre Dino diventa prima team manager poi presidente federale. Attualmente è numero 2 della FIBA, la Uefa della Pallacanestro, per intenderci, e quando è chiamato in causa partecipa attivamente a tante iniziative del mondo del Basket. Un pianeta che gli ha riservato la più grande gioia in quegli Stati Uniti d’America che lui aveva rifiutato per la sana dote della coerenza una prima volta a inizio anni 70 e nel 1976, perché in quest’ultimo caso in quanto proveniva da un infortunio. Nel 2011 è stato presentato da Bob Mc Adoo a Springfield, sede della Hall of Fame della Lega Professionistica NBA, per essere inserito nel Tempio delle Celebrità, unico giocatore italiano a ricevere il massimo onore mondiale. Perché è vero che prima di lui ci sono entrati Cesare Rubini, il Principe, e Sandro Gamba, ma da allenatori. Infatti il triestino, già olimpionico nella Pallanuoto nel 1948, avrebbe proseguito la striscia vincente ottenuta sui parquet da Coach, e la stessa cosa l’ha fatta Sandro Gamba. Conquistatore d’Italia e d’Europa con Milano da atleta, sul tetto del Vecchio Continente come selezionatore della Nazionale. Dino, dunque, è stato ed è ancora oggi il primo e unico giocatore degno di essere messo nello stesso posto sacro dei Jabbar, dei Magic Johnson, dei Larry Bird, dei Michael Jordan, dei Drexler.

Per rinfrescare la mente agli sportivi che si fanno raccontare le storielle, nel mondo del Calcio, quando si utilizza a sproposito la parola Campione, Dino Meneghin ha vinto 7 Coppe dei Campioni su 12 finali giocate, 12 scudetti su 29 campionati di Serie A, senza dimenticare 2 Coppe delle Coppe e 1 Korac, ma soprattutto 3 Coppe Intercontinentali ; oltre a un Campionato d’Europa con l’Italia nell’83. Sempre in azzurro ha ottenuto due medaglie di bronzo continentali, nel decennio precedente l’oro di Nantes.

La costanza, il coraggio, di giocare ultimi atti delle competizioni anche in condizioni precarie dal punto di vista fisico e muscolare, ne ha fatto un esempio assoluto di grinta, di voglia di vincere, di coesione, che difficilmente si trova, nel mondo sportivo come in quello professionale.

Buon compleanno, Super Dino!