Oggi sarebbe stato il compleanno di Cassius Marcellus Clay Junior che poi sarebbe stato apprezzato pugile in tutto il mondo quando è divenuto Muhammad Alì. Una storia che avrebbe visto il giovanotto di Louisville non soltanto impegnato nel Pugilato, ma anche nelle lotte sociali quali, per esempio, l’avversione alla guerra con frasi che sono passate alla storia. E, naturalmente, nella difesa del grande popolo afro-americano. Una bandiera, contro il razzismo, che sarà ricordata nei secoli, Alì.
La sua favola umana nasce il 17 gennaio del 1942 nella più grande città dello Stato del Kentucky. Il padre, Cassius Marcellus Clay Senior, era originario del Madagascar e statunitense di terza generazione; la madre Odessa Lee Grady, di ascendenza afroamericana con un nonno e un bisnonno irlandesi. Il giovane e futuro Campione del Mondo è cresciuto in un contesto di segregazione razziale, che cominciò a scontare sulla sua pelle quando non gli hanno venduto una bottiglietta d’acqua in un negozio per via del suo colore. Venne indirizzato da un poliziotto, Joe Martin, alla Boxe a soli 12 mentre inveiva contro chi gli aveva rubato la bicicletta: “Prima impara a boxare e a difenderti”, gli disse il pubblico ufficiale. Lui andò alla Palestra Columbia e di lì sarebbe stato un combattente puro, coraggioso, un leader dotato di carisma e capace di intuire il rapporto coi mezzi di comunicazione.
Come tutti quelli che sognano di cambiare il mondo, e lui ci è davvero riuscito, parte da dilettante a soli 12 anni vincendo 6 volte il Kentucky Golden Gloves, di cui 2 anni trasformati in trionfi nazionali. A 18 anni è impegnato alle Olimpiadi di Roma, siamo nel 1960: combatte nei Pesi MedioMassimi e vince la Medaglia d’Oro. Una medaglia che getterà nel Fiume Ohio come protesta verso il perdurare della discriminazione razziale. Sarebbe stato risarcito, di quella medaglia, proprio a Roma, e in occasione dei Giochi Olimpici di Atlanta nel 1996 quando fu designato quale ultimo tedoforo quello che accende il tripode. Le immagini della sua mano tremante per il Parkinson restano nella memoria collettiva di ogni persona dotata di umana sensibilità.
Tra i dilettanti vinse 100 incontri perdendone soltanto 5. Il 29 ottobre 1960, appena rientrato da Roma, passa tra i Professionisti battendo ai punti Tunney Hunsaker. Fino al ’63 conseguì 19 vittorie con 15 successi prima del limite, tra questi il veterano Archie Moore nel 62.
Inizia a essere consapevole della sua rapida agilità, delle sue doti tecniche, di un’incredibile precisione mista alla potenza dei colpi inferti agli avversari di turno. Tanto che nel ’64 questo ragazzo 22enne, sconosciuto ai più, ottiene la chance mondiale contro il roccioso Sonny Liston, vince costringendo il campione in carica all’abbandono alla settima ripresa. Nonostante i secondi all’angolo di Liston avessero messo del sale accecante sui guantoni del più esperto pugile. Come conquista il titolo Cassius Clay si converte alla fede islamica, aderendo alla Nation of Isalm, e cambiando il nome in Muhammad Alì. La rivincita con Liston si disputò a Lewistone, nel Maine, e Alì dopo un solo minuto mandò giù l’ex campione del mondo con un colpo apparentemente innocuo ma sferrato in controtempo su una delle due tempie. Quell’immagine sarebbe passata alla Storia, come tante cose, fatte dal talento di Louisville.
Alì difese il titolo due volte superando Floyd Patterson, poi altre 6 volte vincendo sempre. E’ uno dei pugili che ha maggiormente confermato la sua leadership. Ma quando decide di non andare a combattere in Vietnam, note sono le sue frasi a riguardo, gli venne ritirata la licenza dalle istituzioni sportive. Sarebbe tornato nel 1971 sul ring battendo due buoni pugili quali sono stati Jerry Quarry e Oscar Bonavena. La vera parabola di Muhammad Alì avrebbe spiccato il volo ancora una volta, dopo aver ricevuto le giuste ragioni pacifiste nelle aule della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America, nel tripudio delle folle innamorate della sua stravaganza davanti alle telecamere, dei suoi balletti che lo avrebbero reso celebre. Ma, diciamolo ammirati, della sua acclarata bravura, della sua crescente potenza. Dopo 10 difese del titolo complessive, sarebbe iniziata un’altra epoca del nobile sport della Boxe, contro Joe Frazier, match, quello di New York, seguito da milioni di persone in tutto il globo terrestre. Frazier manda al tappeto Alì al 15esimo round, e vince ai punti: è la prima sconfitta, per Cassius Marcelleus Clay Junior, e la seconda arriverà, sempre ai punti, da Ken Norton. Con entrambi, Norton a 15 riprese, e Frazier, a 12, Alì si prenderà la rivincita vincendo ai punti, e siamo alla fine di gennaio del ‘74. Qualche mese prima, a metà della loro storia, si inserì un altro grandissimo avversario, che avrebbe combattuto fino a 50 anni, tale George Foreman. Lui superò entrambi i pugili capaci di battere Alì e quindi andava in cerca di un’opportunità per il titolo mondiale. La possibilità venne concessa a Kinshasa, nello Zaire, il 30 ottobre 1973, con Alì dato per sfavorito, di fronte alla grande potenza fisica di Foreman. Il match passa alla storia come The Rumble in the Jungle. Il pubblico africano è tutto per Alì, che provocò per tutto il pre-gara l’avversario con quel metodo che nel Basket si chiama trash-talking (linguaggio da spazzatura, letteralmente). La gente incitava Alì urlando: “Alì Boma Ye” ossia “Alì uccidilo”. Foreman mise parecchio sotto pressione e alle corde Alì, che pure aveva cominciato bene, ma cadde all’ottavo round finendo Knock-Out. Alì è campione del Mondo per la seconda volta.
Il 1° ottobre 1975, nelle Filippine, in una sfida chiamata Thrilla in Manila, si tenne il terzo e ultimo incontro tra Alì e Joe Frazier, dai contenuti drammatici: tanto che arrivarono alla 15esima e ultima ripresa, quando lo sfidante si ritirò. Ma Alì ammetterà dopo l’incontro di aver avuto paura, per i colpi ricevuti, per la prima volta di morire sul ring.
I match che seguirono quel grande sforzo avrebbero spalancato un evidente declino al grande campione, che vinceva soltanto ai punti, contro Alfredo Evangelista, ed Earnie Shavers. Non volle incrociare di nuovo i guantoni con Ken Norton per la riunificazione del titolo, che perse nel ’78 da un certo Leon Spinks, astro nascente del Pugilato: sconfitto con verdetto non unanime, Alì si prese la rivincita ai punti riprendendo il titolo W.B.A. (World Boxing Association). Ma subito dopo si ritira. Tornò nel 1980 per tentare di riprendersi il titolo del W.B.C. (World Boxing Council) contro il suo ex sparring-partner Larry Holmes, ma giunse all’incontro appesantito dai diuretici presi per prepararsi al peso giusto. Angelo Dundee, suo manager e leggenda del bordo-ring, getta la spugna alla decima ripresa. Il suo amico e allenatore noto, in occasione dell’ultimo combattimento, alle Isole Bahamas con Trevor Berbick, perso ai punti, che le movenze erano rallentate. Alì aveva imboccato il viale del tramonto agonistico ma soprattutto del Parkinson, diagnosticato nel 1984.
Il record di Muhammad Alì è di 61 incontri con 56 vittorie 37 delle quali per Knock-Out. Solo una volta ha perso al tappeto, il più grande di tutti i tempi.
Dopo la commovente accensione del fuoco sacro di Olimpia ad Atlanta nel 1996, Alì due anni dopo ha iniziato una spessa collaborazione con Michael J. Fox, anche lui affetto da Parkinson, per aiutarlo nella ricerca dei fondi per combattere la malattia e per informare la gente su cosa andasse fatto, per assistere i pazienti che ne erano affetti.
Nel 2005 Alì, non come pugile ma come lottatore in favore dei diritti del popolo nero, riceve la Medaglia Presidenziale della Libertà. Nel 2012 intervenne a Londra per portare la bandiera olimpica assistito dalla moglie Lonnie, che lo accompagnò nello stadio. Nel 2016 appare per l’ultima volta in pubblico, a Phoenix, Arizona, per una iniziativa di beneficenza, ma si vede, che è debole, dopo la polmonite di due anni prima e un secondo ricovero nel gennaio del 2015.
Alì se ne va il 2 giugno 2016 a Scottsdale, sempre in Arizona, dove viveva, per delle complicazioni respiratorie, a 74 anni. La figlia Laila, nota boxeur, ha raccontato che il cuore del Papà continuò a battere per mezz’ora, quasi a rifiutare di fermarsi. Il mondo intero ha pianto la scomparsa di un difensore strenuo e coraggioso dei diritti civili dei suoi fratelli neri. I funerali sono stati organizzati il 9 giugno nella sua Louisville, con una folla immensa; il 10, in forma privata, sarebbero stati presenti, a salutarlo, l’ex presidente Bill Clinton, l’attore Billy Crystal, amico per oltre 40 anni di Alì, e il giornalista TV Bryan Gumbel. Il sindaco della grande città del Kentucky, Greg Fischer, ha dichiarato: “Muhammad Alì appartiene al mondo, anche se ha avuto una sola città natale”.
Ovunque tu sia, Alì, buon compleanno, Farfalla capace di pungere come un’Ape.