Matteo Fini. A due anni esatti dall’intervista rilasciata ai microfoni di Open Day, il libro che non c’era ora c’è. Si intitola “Università e puttane” e a scriverlo è stato quel Matteo Fini, ex ricercatore e saggista, che quando lo aveva ancora solo in testa (e aveva deciso di condividerne alcuni passaggi sui social network) ricevette una diffida giudiziaria che gli intimava di non pubblicarlo. Fini il suo libro l’ha pubblicato con l’editore Priuli & Verlucca, è in libreria dal 23 novembre e, come può far capire il titolo, non cerca per niente di nascondere, anzi, parla di qualcosa di cui tutti coloro che abbiano passato almeno un paio di semestri in una qualsiasi università italiana sa benissimo: è tutto truccato.
«Era il 2012 e, dopo la pubblicazione di Non è un paese per bamboccioni, stavo cercando una nuova idea su cui scrivere e ho pensato all’università, un luogo che ho frequentato sia come studente che come ricercatore. A quel punto ho buttato giù qualche pezzo e ho iniziato, un po’ ingenuamente di sicuro, a pubblicare su Facebook dei pezzettini, giusto per vedere che cosa dicevano i miei amici».
Questo è stato il presupposto che ci spinse a contattarti. Poi che è successo?
«A quel punto mi è arrivata una lettera di un avvocato a casa in cui mi si dice, totalmente dal nulla, che due ex colleghi mi intimano non solo di non fare questo libro, ma anche di togliere quegli estratti, anche se, e lo puoi vedere anche ora su Facebook visto che sono ancora lì, erano pezzi totalmente generici e innocui, senza nomi, senza niente».
Come hai reagito?
«Ho parlato con un giornalista de L’Espresso di questa cosa, solo che lui, facendo il suo lavoro per bene, mi ha fatto raccontare un po’ di più di quello di cui volevo parlare e io gli ho raccontato qualche cosa che pensavo di mettere nel libro. Ovviamente, appena l’articolo è uscito, è successo un pandemonio».
Perché hai deciso di stamparlo, alla fine?
«Qualche mese dopo gli spettacoli, quando io avevo già messo in cantina il progetto, è scoppiato uno scandalo all’Università di Firenze e un po’ di giornalisti mi hanno scongelato, probabilmente se cerchi università su Google sono in cima alle ricerche, e mi hanno intervistato su giornali, alla radio, addirittura in televisione. A me è piaciuto e l’editore ovviamente ha ripreso la balla al balzo, e allora eccoci qui».