Fulvio Bernardini, la lungimiranza fin da quando era calciatore
Ha scoperto nelle giovanili neroazzurre un certo Giuseppe Meazza
Da tecnico della Nazionale ha aperto la strada ad Altobelli e Antognoni
Fulvio Bernardini nasce a Roma il 28 dicembre 1905. E’ stato uno dei più importanti calciatori e allenatori italiani. Una prima curiosità. La sua data di nascita sarebbe stata registrata soltanto il 1° di gennaio del 1906. Tanti i motivi, per cui lo troviamo nella storia del Calcio d’Italia, a partire dalla sua immensa volontà, tanto da giocare in porta, in attacco e, quando incontrerà all’Inter Meazza, centrocampista.
Fulvio Bernardini gioca nelle giovanili della Lazio e milita nella squadra biancoceleste in Serie A dal 1923 al 26, poi due anni all’Inter e ben 11 nella Roma, concludendo il percorso in campo dal 1939 al 45 con la Mater, di cui diventa contemporaneamente giocatore e allenatore.
La sua strada di coraggioso giocare comincia con la Lazio, con cui debutta il 19 ottobre 1919 in una gara del Torneo Canalini, contro l’Audace. Lui aveva iniziato con una squadra di quartiere del quartiere capitolino dell’Exquilia, ma vuole fare un provino con la Fortitudo, già più nota. Trova il cancello chiuso, decide di andare alla Lazio. Un segno del destino lì per lì sottovalutato. Parte come portiere contro la Pro Roma, altra realtà storica, della Città Eterna. Cambia ruolo e diventa qualche anno dopo, nel 21, attaccante. Nel 1922 diventa anche capitano della Lazio e nel 23, al termine della stagione sportiva, i biancocelesti vanno in finale per lo scudetto, perdendo 4-1 all’andata e 2-0 a ritorno. Gli avversari restano stupiti del talento e della cristallina classe di Bernardini e il capitano del Grifone e dell’Italia, Renzo De Vecchi, oltre a fargli i complimenti, gli predisse un grande avvenire. Tanto che, da laziale, da interista e da romanista sarò convocato in Nazionale per sette stagioni di fila, dal 1925 al 32.
Nell’estate del 26 il primo cambiamento, di vita e di sport. Fulvio Bernardini paga la Lazio per liberarsi aiutato dal fratello Vittorio: 20.000 lire in cambiali al club romano. Lo vuole la Juventus, lui sceglie l’Inter, per un posto in banca e per studiare all’Università. Dotato di ampia visione delle cose fin da giovane, Fuffo va a vedere le partite giovanili dei neroazzurri ambrosiani e scopre un centravanti sedicenne che milita, con due anni di anticipo, nella Primavera. Stiamo parlando di Giuseppe Meazza, che diventerà per due volte Campione del Mondo nel 34 e nel 38 con l’Italia del Commendator Pozzo. Bernardini convince l’allenatore dell’Inter, un certo Arpad Weisz, a visionare Meazza, e scopre che il suo centromediano non avesse esagerato, nella richiesta di portarlo di sopra, in prima squadra, giovanissimo! Meazza entrò da titolare a 16 anni in Serie A, con l’Inter, e il diretto interessato riconobbe la sua gratitudine assoluta verso il compagno di squadra romano. Bernardini, intanto, in due anni all’Inter, da centrocampista, avrebbe segnato 10 gol il primo anno, 17 il secondo.
Nella sua frequentazione con la casacca azzurra dell’Italia la maggiore soddisfazione arriva all’alba del primo campionato del Mondo, vinto dall’Uruguay nel 1930. Infatti due anni prima, in Olanda, la nostra squadra nazionale conquista la medaglia di bronzo, con un ottimo terzo posto finale. Intanto va detto che Fulvio Bernardini è il primo giocatore impegnato nella Lega Sud, nella suddivisione dei campionati dell’epoca, a essere convocato in Nazionale. E che in quel periodo riesce a laurearsi in Scienze Economiche tanto da essere chiamato Dottore, Professore, e, ben più tardi, Fuffo.
Nel 28 Fuffo tornò nella Capitale d’Italia, ma da romanista; sarebbe restato in giallorosso per ben 11 anni, fino al 39, sempre da centromediano e capitano, su richiesta di Attilio Ferraris IV. Divenne l’anima, di quella Roma, sfiorando uno scudetto. Ferraris IV e Bernardini era una coppia insostituibile, per quella Roma. Bernardini giocò 286 volte, in giallorosso, con 45 reti segnate.
La parentesi con la Nazionale subì uno scossone non da poco. Fuffo venne clamorosamente escluso dalla rosa azzurra sia dei mondiali giocati in casa, con finale allo Stadio Flaminio, 1934, vinta, e anche da quelli parigini del 38. Il Commissario Tecnico, Vittorio Pozzo, menzionato nell’autobiografia da Bernardini, gli disse queste parole, per chiamarlo fuori dall’Italia: «Vede Bernardini, lei gioca attualmente in modo superiore, in modo perfetto dal punto di vista della prestazione individuale. Gli altri non possono arrivare alla concezione che lei ha del gioco e finiscono per trovarsi in soggezione. Dovrei chiederle di giocare meno bene. Sacrificare lei o sacrificare tutti gli altri? Lei come si regolerebbe al mio posto?». Per questo le sue presenze azzurre si fermano a 26. Avrebbe avuto altre soddisfazioni, più avanti, nello scoprire campioni poi affermati, in azzurro.
Come terminò l’avventura romanista, l’A.S. Roma si trasferì al Campo Testaccio. Si chiudeva un’epoca, per il club romanista. Lui passò al Mater, Serie C2, di cui sarebbe divenuto tecnico. Vinse due campionati, nelle divisioni meno conosciute. In questo frangente, con l’Italia in guerra, il 27 luglio 1944, viene nominato Commissario Straordinario del CONI l’Avvocato Giulio Onesti, che sceglie quale reggente della Federazione Italiana Giuoco Calcio Fulvio Bernardini, carica che resse con il Colonnello Ventura (segretario) dal 28 luglio fino al 4 dicembre di quell’anno, quando firmò le irrevocabili dimissioni dall’incarico.
Torna a fare l’allenatore: prende la Roma nel 1949 per un anno, per poi passare alla Reggina, e per due anni all’AC Vicenza. Oramai la Serie A lo conosce tanto che a Firenze rimarrà dal 1953 al 58 arrivando alla conquista del primo scudetto con la società viola. Attenzione che la Fiorentina, la stagione seguente del primo scudetto, vinto nel 1956, arriva, da prima realtà italiana, a una finale di Coppa dei Campioni. Ma la giocò contro il Real Madrid, perdendo per 2-0 contro mostri sacri del calcio europeo quali sono stati Di Stefano e Gento. Quella Fiorentina sarebbe stata la compagine più moderna sul piano tattico, dopo il Grande Torino, perito in blocco nella Strage di Superga del 1949. Infatti Bernardini basava tanto sul cosiddetto modulo “WM”, dando prova di grande sagacia tattica, sia per incoraggiare alla duttilità dei ruoli i suoi esponenti in campo, sia perché tirava fuori il meglio anche da quelli meno tecnici. Fermo restando che, se da una parte, come diceva, la tattica non è tutto, andavano valorizzati, con il lavoro di tutti, i calciatori dai piedi buoni.
Dopo Firenze va per due anni alla Lazio e il capolavoro, dal 61 al 65, come prima guida tecnica del Bologna, con cui vince uno storico spareggio a Roma per lo scudetto battendo l’Internazionale Ambrosiana per 2-0: quel giorno Mariolino Corso fu disinnescato perché Bernardini, tra le altre mosse, spostò un certo Capra da terzino all’ala, per limitare il forte giocatore neroazzurro. Per meglio comprendere chi sia stato Fulvio “Fuffo” Bernardini bisogna evidenziare due cose: è stato il primo allenatore d’Italia a vincere lo scudetto con due squadre diverse, la Fiorentina e il Bologna. Non soltanto. Nel dopoguerra è stato il primissimo a vincere i campionati nazionali di Serie A con compagini che non fossero di Torino, Juventus e Toro, o meneghine, ovvero Milan e Inter. Senza omettere, nell’odierno racconto, due ulteriori fattori, affatto trascurabili: con la Fiorentina, siamo nel 1957, vince un torneo internazionale, la Coppa Grasshoppers, torneo che si disputò in Svizzera, nel regno delle “cavallette”, il club elvetico. L’anno dopo, alla guida della Società Sportiva Lazio il club biancoceleste romano vinse il primo trofeo ufficiale della sua storia, con il successo nella Coppa Italia.
Dal 65 al 71 lavora come mister alla Sampdoria e prende in mano la Nazionale dal 1974 al 77 quando lascia il ruolo di allenatore restando nella storia del calcio italiano. Di questo non prolifico periodo azzurro ricordiamo i giocatori che dei quali ha previsto un meraviglioso cammino, perché al Brescia scopre il talento di un certo Sandro Altobelli, e di tale Giancarlo Antognoni. Che nel 1982 sarebbero diventati Campioni del Mondo sotto la saggia e grintosa guida del friulano Enzo Bearzot. “Fuffo” Bernardini tornerà a Genova dal 1977 al 79 in qualità di direttore generale dei blucerchiati di Sampierdarena.
Muore nel 1984 di una malattia diagnosticata nell’81, che è una sentenza dura, da mandare giù e vivere: sclerosi laterale amiotrofica (la SLA). Ma le cause della morte sarebbero state scoperte soltanto 20 anni dopo. Riposa nel Cimitero Flaminio di Prima Porta,a Roma.
Nel 2011 gli viene assegnato un riconoscimento alla memoria con il suo nome inserito nella “Casa delle Celebrità” (Hall of Fame) del Calcio d’Italia. Il 20 settembre del 2012 Fulvio Bernardini viene iscritto tra i primi 11 giocatori nella Hall of Fame dell’Associazione Sportiva Roma. A lui è intitolato un noto centro sportivo capitolino, a Pietralata.