I principi dell’architetto sostenibile
Diventa utile, per capire a pieno il trend dell’architettura sostenibile, che un suo professionista è chi progetta e costruisce edifici per limitare l’impatto ambientale dandosi come imprescindibile scopo del lavoro la ricreazione energetica, il miglioramento della salute, del comfort e della qualità della fruizione degli abitanti. Obiettivi altisonanti ma raggiungibili, mediante l’integrazione nell’edificio di strutture e tecnologie appropriate.
Fare architettura sostenibile significa saper costruire e gestire un’edilizia in grado di soddisfare al meglio i bisogni e le richieste dei committenti (che pagano) ma tenendo conto, già e soprattutto dalla fase embrionale del progetto, dei ritmi e delle risorse naturali, senza arrecare danno o disagio agli altri e all’ambiente, cercando di inserirsi armoniosamente nel contesto, pensando quindi anche ad un riuso totale dello spazio e dei materiali.
I materiali da usare nell’architettura sostenibile
Mettere a fuoco i materiali da usare nell’architettura sostenibile è un altro modo, forse più pratico, di capire come ci si muove in questa materia. La scelta di essi passa dal fatto che priorità assoluta di chi lavora sul campo è riciclare i prodotti dell’architettura, per intero o quasi. Ecco perché iniziano a comparire edifici scomponibili con elementi e materiali che possano essere facilmente recuperati, riutilizzati e smaltiti senza provocare ulteriori inquinamenti con un riciclaggio integrale o globale. Ecco perché iniziano ad essere usati elementi moderni composti da strati diversi di materiali chimici incollati insieme. Il passato non aiuta il tal senso e va archiviato. Ricordiamo, a titolo esemplificativo ma non di certo esaustivo, che la demolizione del cemento armato richiede un immenso dispendio di energia.
Cosa usa per costruire un architetto sostenibile quindi? Tutto quello che lo aiuta a progettare edifici scomponibili e adattabili a nuovi usi. Si capisce meglio il senso di questo passaggio leggendo le affermazioni di Kenneth Frampton durante una conversazione con Enzo Calabrese riportata dall’autore nel libro “Sultani what’s”:
“L’adozione di nuovi materiali ci ha in qualche modo riportati indietro. Tutta la cultura costruttiva preindustriale , determinata da condizioni di relativa scarsità delle risorse, fu sostenibile per definizione, perché largamente basata su risorse rinnovabili e/o durevoli a bassa energia incorporata come legno, mattoni e pietra. Ma un architettura basata solo su questi materiali avrebbe necessariamente a disposizione una gamma di espressività piuttosto limitata”.
Quello che molti architetti non riescono ancora a concepire nel progetto ideale dell’architettura sostenibile è che i materiali debbano avere una vita e una funzione differenti e magari anche migliore da quella per cui erano stati concepiti. Va sottolineato l’aspetto del riuso e del riciclaggio dei materiali già al momento della progettazione di un edificio ex novo e, nel caso si lavori su demolizioni, elaborare un concetto di recupero che garantisca e faciliti il riuso e il riciclaggio di vari elementi.
Ottimo l’esempio dell’architetto giapponese Shigeru Ban già da anni impegnato in questa ricerca e a diffondere questa pratica anche nel campo del sociale, puntando sullo studio e sulla realizzazione di edifici in tubi di cartone.
Ora che ne sapete di più sull’architettura sostenibile, avete certamente capito che si tratta principalmente di un approccio culturale più che di un ramo tradizionale. Si tratta di qualcosa che spinge il progettista a progettare e costruire riducendo al minimo l’impatto delle costruzioni sulla salute dell’uomo e sull’ambiente attraverso un limitato consumo di risorse non rinnovabili e l’utilizzo di materiali non nocivi al fine di salvaguardare il rapporto uomo-edificio-ambiente. Se vi affascina questa direzione, siete capitati nel momento giusto. I suoi professionisti si stanno formando ora e la materia ha bisogno di almeno un altro decennio per vivere di vita propria.