Aldair, dal Brasile a Roma e alla Roma
A Roma i tifosi della Magica hanno ben presente un brasiliano che, al posto della Saudade, la Nostalgia che intristisce i carioca riportandoli in patria, si è saputo integrare, da romano vero, con la città e con i tifosi, riscuotendo, addirittura, la stima se non l’affetto, di quelli di parte avversa. Vuoi perché è stato per ben 13 anni difensore centrale o in marcatura della Roma, vuoi per il suo modo di fare, sempre gentile e disponibile, capace di ascoltare il parere dei semplici appassionati di Sport, comuni uomini della strada. Un modo di fare più romano e italiano, che non brasiliano, probabilmente. Aldair per gli amici Pluto, è nato a Ilhéus il 30 novembre del 1965 e all’anagrafe è Aldair Nascimento Do Santos. Si trasferisce, giovanissimo, da un parente a Copacabana per cercare miglior sorte nel futebòl, a Rio de Janeiro. Fece un provino col Vasco de Gama, ma venne scartato. Allora Juarez, ex giocatore del Flamengo, lo nota mentre si diverte con gli amici, e lo porta nelle giovanili rosso-nere. Nel 1985 qualche gara non ufficiale, l’anno dopo trova maggiore spazio venendo impiegato da titolare, con il suo longilineo fisico. 23 presenze e 1 rete, nell’anno in cui il Flamengo vince il Campionato Carioca, il torneo dello Stato di Rio. Nel 1987 il club vince il campionato brasiliano di Serie A, con sole 7 presenze, ma tanto gli vale, per essere confermato per il successivo campionato: 24 gare, 2 reti da difensore. Non male. E’ uno dei più costanti, dei più regolari. Viene utilizzato anche come libero puro, visto l’innato senso della posizione. Non rapidissimo ma dotato di una raffinata quanto elegante tecnica; difficilmente butta via la palla o la perde, e il tutto è accompagnato da una naturale propensione a sganciarsi, palla al piede, nella metà campo altrui. Ma la peculiarità più nota e visibile è quel senso che ha Aldair nell’anticipo, pulito, sugli avversari, perché quando decide di impostare, sembra parlare coi piedi di un centrocampista, in quanto usa sia il destro che il piede mancino.
Si accorge di lui il Benfica, in maniera lungimirante, nel 1989. Nell’anno d’esordio col prestigioso club lusitano conta 21 partite e 5 gol segnati: tanti, per uno che i gol gioca per non subirli o per non farli prendere alla propria squadra. Il 23 maggio 1990 gioca al Prater di Vienna, la finale di Coppa Campioni contro il Milan, che però vincerà per 1-0 con rete di Rijkaard a bissare quella vinta dai rosso-neri di Arrigo Sacchi l’anno prima al Camp Nou con la Steaua di Bucarest con un rotondo, corposo 4-0.
Con la Roma giocherà 330 volte segnando 14 reti. Chi lo porta a Roma è un certo Ingegner Dino Viola, per 6 miliardi di lire. E la Roma vince la Coppa Italia 1990-91 e lo scudetto 10 anni dopo, assieme a una Supercoppa italiana nella stessa stagione. Diventa uno dei simboli della squadra giallo-rossa e della Nazionale brasiliana, per la sua efficacia, la sua concretezza, ma anche per la sua eleganza nello stare in campo. Infatti la Roma lo fa Capitano, prima che ceda la fascia e i gradi a tale Francesco Totti, nel 1998-99. La Roma dello scudetto è quella di Fabio Capello, quella dei Candela, dei Batitusta, una Roma meravigliosa, quella di Franco Sensi. Con la società capitolina chiuderà il 2 giugno 2003, in occasione dell’Aldair Day, gara tra la Roma e la Nazionale brasiliana, con la quale gioca il primo tempo, prima di vestire, per l’ultima volta, nella ripresa, la casacca di un club che ancora oggi gli tributa l’amore di un figlio sempre fedele e devoto. Per riconoscenza la società nata in Via degli Uffici del Vicario non assegna la numero 6 fino al 2013-2014, quando tornerà a farlo proprio per scelta del campione brasileiro.
Sul piano personale torna per poco in Brasile, dopo aver giocato nel Genoa nel 2003-2004, dove milita in Serie B per non ritrovarsi avversaria la sua dama italiana, la Roma. Al termine del campionato cadetto conterà 17 presenze e 1 gol: poi vola a correre appresso a un pallone con la maglia del Rio Branco, proprio nello Stato brasiliano Espirito Santo, luogo d’origine della sua moglie e compagna di vita. E poi nel Murata, squadra di San Marino, dove vive dal 2007 al 2009. Qui partecipa ai preliminari di Champions League traguardo ottenuto da un certo Massimo Agostini.
Non vanno dimenticati, di Aldair, i trascorsi con la Nazionale del Brasile, per 11 anni, dal 1989 al 2000. Nella versione olimpica ottiene il Bronzo negli Stati Uniti nel 1996, ad Atlanta. Ma ai Mondiali del 1994 fa parte di quel Brasile che a Pasadena, Los Angeles, ci batte ai tiri di rigore arrivando per primo a 4 Campionati del Mondo. Il quinto sarebbe stato quello di Ronaldo nel 2002 perché, in mezzo, Aldair e la Seleçao, conoscono l’amarezza della sconfitta in una finale assoluta, nel 1998, a Parigi, dalla Francia. In precedenza il Brasile aveva ottenuto un 1° posto nella Coppa America in in casa nel 1989, un argento in Uruguay nel ‘95, e un altro oro nel 1997 in Bolivia. Lo stesso anno in cui il Brazil vince la Confederations Cup in Arabia Saudita.
Il 20 settembre di 5 anni fa l’Associazione Sportiva Roma inserisce Aldair nella Hall of Fame giallo-rossa. Poi Pluto dà una mano al Chieti in Lega Pro per l’annata 2015-2016. Negli anni di non attività si è dato da fare con il foot-volley, come Ronaldinho, dando spettacolo sulle spiagge brasiliane e su quelle italiane.