L’Avvocato Claudio Salvagni, uno dei legali di Massimo Giuseppe Bossetti, è intervenuto ai microfoni di “Legge o Giustizia” condotto da Matteo Torrioli su Radio Cusano Campus, all’indomani della presentazione del ricorso in Cassazione per il muratore di Mapello.
30 ore per la stesura finale, mesi di lavoro per preparare l’ultimo round.
“Abbiamo esposto in 21 punti le critiche alla sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Brescia. Le domande che noi rivolgiamo alla Corte attengono a quella che noi riteniamo essere una violazione del diritto di difesa. È innegabile dirlo: Bossetti non si è mai potuto difendere. Dovrebbe prendere come un atto di fede quanto fatto dai consulenti dell’accusa. Noi non abbiamo nemmeno mai visto i reperti, sembra assurdo ma è così. Questo processo è stata caratterizzato dallo scontro in punta di diritto. Non consentire una perizia è contro le regole del nostro ordinamento. Se si ha lo strumento per fare luce su una situazione perché non dovrebbe essere utilizzato? Lo chiede l’imputato perché altrimenti non si può difendere”.
Il gossip morboso sviluppatosi intorno al caso Bossetti
Dopo le motivazioni in secondo grado si è sviluppato un gossip morboso intorno a Bossetti e alla sua famiglia: “In questa vicenda si è perso di vista il focus principale sul quale ragionare. Si parla di cose che non hanno rilievo processuale. Io contesto anche quello nelle motivazioni della sentenza di secondo grado. Sostenere che i coniugi non andassero d’accordo e che non avessero rapporti sessuali tali per cui questi diventano il movente per un assassinio di quel tipo mi sembra pura fantasia. Nessuno era nel loro letto, nessuno può sapere cosa succedeva. Il fatto che non andassero d’accordo è una mera illazione. È un ragionamento fantastico che fa la Corte in un eccesso creativo. Di conseguenza se ne parla nei salotti televisivi, ma è un argomento che distoglie l’attenzione da quello più importante, ovvero la possibilità di andarsi a difendere contro il DNA”.
Per non parlare dei 9 furgoni simili trovati da Denti nella sola provincia di Bergamo e dei quali in sentenza non hanno avuto il coraggio di parlarne e farne menzione.