Pedagogia ed educazione: il ddl Iori piace ai 15mila educatori e pedagogisti che, da anni, continuano a non vedersi riconosciuti i loro diritti. Addirittura, molti non sanno cosa sia un pedagogista. Lo abbiamo chiesto a Sara D’Andretta, a #genitorisidiventa, su Radio Cusano Campus, che ha detto: “Il pedagogista lavora su processi di evoluzione umana e di crescita, contribuisce allo sviluppo della persone e della collettività tutta. Risponde alle necessità di educazione e inclusione sociale.”

Quali sono le principali difficoltà che i pedagogisti devono affrontare?

  1. L’esclusione da posti di lavoro che dovrebbero essere loro garantiti.
  2. Confusione con altre figure educative, di grado non accademico.
  3. Confusione con lo psicologo.

“Non esiste una legge alternativa in grado di beneficiare, allo stesso modo, una figura professionale, storica, che non è mai stata regolarizzata. Il pedagogista opera in diversi ambiti: sanitario, giuridico, scolastico, è non è formalmente riconosciuto”, ha aggiunto Sara D’Andretta.

Prevenire non curare

“La nostra società è patologizzata, bisogna prevenire, non curare. Il pedagogista garantirebbe un processo di educazione in grado di fornire assicurare pari opportunità, e benessere educativo. Bisogna andare verso una società che promuove bellezza. Non siamo da curare. Questo è l’appello forte che vorrei lanciare”, ha aggiunto D’Andretta.

Pedagogia: il sistema sociale in cui viviamo, non solo, non riconosce l’importanza e la funzione del pedagogista, ma invoglia la gente a preferire cure psicologiche, o psichiatriche, a quelle educative. “Chiediamo l’approvazione immediata di questa legge, per fare pulizia, chiarezza. La società ha delle emergenze. Lo svantaggio socio – culturale incide su fenomeni di devianza sociale, formazione e istruzione. Abbiamo bambini ad alto potenziale intellettivo che vengono danneggiati per la mancanza di una risposta educativa forte, da parte del nostro sistema. Il 4 dicembre vogliamo portare un messaggio chiaro e forte. Non bisogna intervenire sul sintomo, ma bisogna prevenire. Come la famiglia ci insegna.”

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