L’Avvocato Nicodemo Gentile è intervenuto alla trasmissione “Legge e Giustizia”, condotta da Matteo Torrioli su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano. 

“Laggiù tra il ferro, storia di vita, storie di reclusi”

Domani, giovedì 23 novembre, sarà in tutte le librerie, libro scritto dal noto avvocato Nicodemo Gentile. “Sono 19 racconti sul carcere e attraverso queste storie si cerca di dare al lettore vari segmenti che formano “il mondo nel mondo” che è appunto il penitenziario.

Io non porto una verità ma la mia esperienza, quella di un uomo che ha avuto contatti con gente che per mano propria, per sventura o congiunture negative si è ritrovata, per un tempo variabile nel carcere. Ho voglia di raccontare un mondo rispetto al quale ci si gira dall’altra parte. La grande ispirazione – continua Gentile – è arrivata leggendo quello che ha fatto un grande uomo e magistrato come il dottor Margara, che ha sempre sostenuto che i detenuti vanno trattati come uomini. È questo l’obiettivo di questo libro: aprire una riflessione su questo microcosmo attraverso chi lo vive”.

Tante le riflessioni anche sull’utilità del carcere

“Ritengo che il carcere serva, non deve essere abolito perché c’è gente che va fermata. Non bisogna però esagerare e ritrovare il senso costituzionale del nostro ordinamento. La pena è anche punizione ma tende alla rieducazione. Finchè c’è questa legge non possiamo tradire questa scelta. C’è tanta gente che la tradisce, aggravando e inasprendo le pene”.

Questo viaggio all’interno del carcere viene fatto da persone difese proprio dall’avvocato Nicodemo Gentile, come Salvatore Parolisi e Manuel Winston Reyes

“Mi hanno aiutato loro a fare questo percorso. Di detenzione parlano i soggetti che la vivono. Parolisi parla nel capitolo dedicato al suicidio. C’è un ex ergastolano ostativo come Carmelo Musumeci, c’è anche Manuel Winston Reyes che ho assistito nell’ambito del delitto della Contessa dell’Olgiata. Winston ci parla soprattutto della malattia e del sovraffollamento in carcere. Sono molto felice poi del contributo che ci ha dato in prefazione Massimo Picozzi. Sono rimasto colpito dal percorso umano di un certo Luigi, una persona straniera che viveva in condizione di irregolarità in Italia e che rimaneva in carcere perché non c’era una struttura che lo poteva ospitare. Lui poteva sicuramente guadagnarsi misure alternative alla custodia cautelare in carcere. Cercammo di farlo ospitare in attesa del suo processo da qualche struttura dato che non aveva una famiglia che potesse dargli assistenza. Tutti, in tempi e per ragioni diverse, rifiutarono. Non c’erano più esigenze cautelari per tenerlo in carcere eppure ci è dovuto rimanere”.

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