In occasione dell’evento di stasera organizzato da ‘Dynit’ e ‘Nexo Digital’ e dedicato al film “Never ending man – Hayao Miyazaki”, documentario sul maestro dell’animazione Hayao Miyazaki, Carlo Cavazzoni, Direttore Esecutivo di ‘Dynit’, è intervenuto ai microfoni del programma “Buio in sala”, in onda dal lunedì al venerdì dalle 20 alle 21.
Sul ritiro annunciato e poi il ritorno
Miyazaki annuncia il ritiro nel 2013 dopo la produzione di “Si alza il vento” ma, come spesso capita ai grandi artisti, non riesce a resistere al desiderio di continuare a trasmettere la propria creativitaà.
Non riesce a staccare la spina e forse non ci riuscirà mai perchè artisti come lui non riescono a vivere senza creare.
“Never ending man – Hayao Miyazaki”: “Un raro e prezioso dietro le quinte sul mondo dello Studio Ghibli”
“Il documentario ripercorre la vita privata e professionale di Miyazaki, dall’annuncio del suo ritiro nel 2013 fino a quello del suo, inevitabile, ritorno.
Sono pochi i contenuti di backstage e making of dedicati allo Studio Ghibli e Miyazaki e questo rende “Never ending man” ancora più interessante.
Inoltre”Never ending man – Hayao Miyazaki” non si tratta di uno di quei making of ‘pre-confezionati’ a tavolino. In questo caso tutto è molto più spontaneo. Il regista ha seguito Miyazaki come un “grande fratello”, nella sua vita quotidiana, raccontando il risveglio della scintilla che lo porterà a tornare al mondo dell’animazione.
Bisogna tenere conto del fatto che Miyazaki non gradisce troppo le ‘irruzioni’ nella sua vita privata e questo rende dunque il film una rarità.
Il doc ritrae ‘Miya-san’ nel bene e nel male, compresi dunque gli aspetti negativi del suo carattere che si accompagnano al suo talento eccezionale: Miyazaki è una persona difficile, frustrata dal non riuscire ad ottenere la perfezione cui aspira e che chiede a volte l’impossibile ai suoi collaboratori.
A questo proposito, anticipo che in “Never ending man – Hayao Miyazaki” ci sarà un momento di estrema tensione nel documentario – che non svelo – in cui emerge tutta la difficoltà del lavorare con lui…”
Sull’impatto culturale di Miyazaki e dello Studio Ghibli
Miyazaki è un grande maestro dell’animazione moderna. Non dell’animazione solo giapponese perché sarebbe riduttivo limitare il suo impatto ad essa. Il suo grande merito è stato proprio quello di aver sdoganato il valore dell’animazione giapponese nel mondo.
In questo senso, l’Italia è stato un Paese fortunato. Ha conosciuto Miyazaki prima degli altri, grazie a serie tv come “Heidi” e “Conan – Ragazzo del futuro”.
La svolta è arrivata con “La principessa Mononoke” che ha contribuito a farlo conoscere in tutto il mondo, soprattutto negli Stati Uniti grazie a una distribuzione capillare da parte della Buena Vista.
La consacrazione definitiva avvenne poi con “La città incantata” con il quale vinse l’Oscar.
L’animazione giapponese, dall’Occidente, è sempre stata considerata troppo violenta o priva di contenuti validi per un pubblico più vasto. Grazie a Miyazaki questi luoghi comuni sono stati abbattuti.
Sullo Studio Ghibli dopo Miyazaki
Quando miyazaki annunciò l’addio, lo studio chiuse ed è curioso capirne i motivi.
Lo studio venne creato per Miyazaki, fu lui a fondarlo con Toshio Suzuki, suo grande amico, e l’altro grande regista Isao Takahata.
Negli anni, però, non ha saputo rinnovarsi o trovare nuovi artisti e, di conseguenza, all’abbandono di Miya-san, è stato costretto a chiudere, almeno fino a quando Miyazaki non decide di fare il suo ritorno, cimentandosi con la computer graphic e con il suo nuovo film.
E’ paradossale e un po’ triste perché è come se quell’eredità straordinaria non si sia stati in grado di tramandarla. I giapponesi sono un popolo molto tradizionalista e questo spiega l’incapacità d’investire sul futuro e sulle nuove generazioni.
L’erede di Miyazaki?
Nessuno pensava ci potesse essere un erede di Miyazaki e c’era dunque molto timore nell’industria cinematografica nipponica. Questo non perché non ci siano registi capaci in Giappone ma perché Miyazaki era l’unico ad aver ottenuto incassi importanti al box office statunitense, capace di rivaleggiare con i blockbuster hollywoodiani.
“Your name” di Makoto Shinkai, che ha frantumato ogni record d’incasso ed è stato un enorme successo in patria e all’estero, ha ridato speranza e spostato l’attenzione dell’industria giapponese su questo regista, ridando stimolo all’intera filiera dell’animazione giapponese.
Il problema, semmai, oggi è un altro. Perché, sebbene ci siano gli investimenti, mancano i nuovi talenti nel settore dell’animazione, perché non sono stati formati e perché i giovani non sembrano attratti da un lavoro difficile, che oltretutto non garantisce grandi compensi.