Alessandro Mazzola, detto Sandro, nasce a Torino l’8 novembre del 1942: compie, oggi, 74 anni. Ha giocato come centrocampisto, dalle spiccate doti offensive, nell’Inter del periodo migliore, della storia nero-azzurra. E’ stato uno dei più talentuosi e raffinati calciatori a livello europeo e mondiale, riscuotendo l’ammirazione di tanti, fra i suoi avversari.
Il suo cognome, più che il solo nome, resta nella leggenda del Calcio d’Italia perché il padre era Valentino, capitano, leader e il più forte giocatore del Grande Torino, scomparso nella dolorosissima Strage di Superga il 4 maggio dell’Anno del Signore 1949. Alcune foto che li ritrae insieme ancora girano, tra gli appassionati di sempre del mondo della pedata.
Ad aprirgli la strada nel calcio che conta furono Benito Lorenzi, ex giocatore dell’Inter soprannominato “Veleno”, poi fu Giuseppe Meazza, Campione del Mondo con l’Italia negli anni 30, ad allenarlo nel settore giovanile della società meneghina.
Il figlio del grande Valentino ha esordito in Serie A in un incontro particolarissimo. Infatti Juventus-Inter, decisiva per lo scudetto, venne sospesa per invasione di campo. Ma la FIGC, già all’epoca, prendeva decisioni molto discusse e discutibili: per protesta Angelo Moratti fece scendere in campo nella farsesca ripetizione della partita (rispetto ai regolamenti vigenti, n.d.r.), la De Martino, che sarebbe la odierna Primavera. Vinse, naturalmente, la Juventus per 9-1 con Sivori che maramaldeggiò, segnando 6 reti. Quella dell’Inter, su rigore, la siglò Sandrino Mazzola.
Ovviamente sono i sostenitori dell’Inter e gli sportivi coi capelli bianchi, a ricordare le imprese sia con la squadra ambrosiana che con la nazionale azzurra. Nell’Ambrosiana Internazionale Mazzola ha giocato per ben 17 anni, dal 1960 in avanti, mettendo assieme 565 presenze in Serie A, l’Inter è l’unica società italiana a non essere mai scesa in Serie B, e segnando 158 reti. Con l’Inter ha vinto 4 scudetti ma soprattutto, negli anni 60, dopo il Milan nel 1963, ha giocato 3 finali di Coppa dei Campioni vincendone 2, nel 64 e nel 65. La prima contro il grandissimo Real Madrid, il più grande della storia, battuto per tre reti a una. La seconda superando il bel Benfica del periodo con un gol di Jair al 42’ del primo tempo. E questa volta davanti al pubblico amico di San Siro. Che meraviglia! Quella competizione continentale era unica perché una sola squadra rappresentava una sola nazione, non come la degenerazione della Champions League, che ne ha svuotato la rarità della partecipazione. De gustibus. Da quelle 2 Coppe dei Campioni nacquero i sentieri, mondiali, della Coppa Intercontintentale. Quella leggendaria squadre le ha vinte entrambe.
E Mazzola nel 1968 vince il Campionato d’Europa per Nazioni con l’Italia, l’unico conquistato dal nostro paese, giungendo secondo dietro al più forte Brasile di sempre nel 1970 a Città del Messico dopo aver battuto la Germania dell’Ovest nella epica partita del secolo per 4-3. Nel 71 il Sandrino nero-azzurro arriverà 2° dietro a un certo Johan Cruijff nella speciale graduatoria del Pallone d’Oro, che si assegna al più forte talento del Vecchio Continente. Nel 70 smette Mario Corso, e il Capitano dell’Inter, che in passato è stato il bravo Giacinto Facchetti, diventa lui, fino alla fine della carriera. Con l’Italia ha giocato dal 63 al 74, con la prematura quanto fastidiosa uscita di scena dal Mondiale del 1974, quello conquistato, a distanza di 20 anni dal primo, dai tedeschi occidentali di Maier, Hoeness, Gerd Muller.
Uno dei momenti più forti e intensi della carriera ma soprattutto della vita di Sandro Mazzola, è stato al fischio finale della finalissima di CoppaCampioni vinta per 3-1 con il Real Madrid, con 2 gol del fortissimo centrocampista offensivo dell’Internazionale. Ferenc Puskas, giocatore ungherese dei blancos de Madrid, gli dice: Questa è la mia maglia. Tienila perché sei degno di tuo padre”. Un momento di rarissima profondità, umana e di incalcolabile ammirazione di un avversario appena battuto.
Smette con la finale di Coppa Italia a Verona, vinta tuttavia dai rivali eterni del Milan. Dopo l’attività agnoistica Mazzola saprà ricoprire, con responsabilità e serietà, diversi incarichi da dirigente, nell’ambito dell’Inter. Con la società del presidente Fraizzoli lavorò dal 77 all’84: ci sarebbe tornato dal 95 al 1999, da direttore sportivo, prima di ricevere il cambio dal suo compagno di squadra Gabriele Oriali, campione del Mondo nel 1982. Poi la storia apre sempre le strade del cuore: dal 2000 al 2003 arriva al Torino, a chiusura di un cerchio meravigliosamente iniziato dal Papà Valentino.
Dopodiché ha svolto il ruolo di commentatore tecnico per Rai Sport, nelle trasmissioni Sabato Sprint e alla Domenica Sportiva. Era il compagno di telecronaca di Marco Civoli nel 2006 a Berlino quando l’Italia vinse il 4° Mondiale.
Sandro Mazzola, nell’immaginario collettivo di diverse generazioni, resterà per sempre l’altra metà del cielo, rispetto a Gianni Rivera, il Golden Boy del Calcio italiano. E’ come nei bar di Milano, quando o sei dell’Inter o sei del Milan. Senti sempre qualcuno che dice “l’altra squadra di Milano”. E la loro rivalità prese corpo con l’Italia soprattutto ai Campionati del Mondo del 1970 in Messico, per la famosa staffetta organizzata dal commissario tecnico Ferruccio Valcareggi. In un mirabile articolo per La Repubblica, la dotta penna di Gianni Brera spiegò i motivi tecnici e tattici che spinsero l’allenatore azzurro ad alternarli in campo, senza farli giocare assieme. Mazzola era più votato alla fase difensiva, oltreché a costruire gioco con le sue proverbiali serpentine; Rivera era più bravo, per i secondi tempi, a cercare la profondità in favore o delle altre mezze punte, o di Riva e Boninsegna.
Nel 2014 è stato inserito nella Hall of Fame del calcio italiano, anche grazie alle 70 presenze in azzurro e alle 22 reti segnate con la Nazionale.