Lucia Celesti è intervenuta a #genitorisidiventa su Radio Cusano Campus, in qualità di responsabile URP e Servizi Sociali, a proposito del progetto scolastico del Bambino Gesù. “La scuola in ospedale è una forma di continuità con la vita”, ha affermato la Celesti.

La scuola in ospedale è nata nella sede del Gianicolo dallo scorso 1975, con due insegnanti a disposizione. Nel tempo gli alunni seguiti sono diventati sempre di più, infatti il progetto è cresciuto nel tempo. 

 

 

La possibilità di continuare il percorso scolastico anche quando si è ricoverati è parte integrante della cura dei bambini: la presenza della scuola in ospedale rafforza e motiva la volontà di guarigione e consente ai giovani pazienti di non aggiungere al disagio della malattia quello di un ritardo nella formazione culturale e della perdita di contatto con i coetanei.

Non si tratta di una scuola come le altre, “non esiste la campanella che suona. Le lezioni non avvengono di mattina, ma a pomeriggio o durante i festivi. I pazienti si aggregano nei reparti.”

L’idea di dar vita ad un Istituto Scolastico in una struttura ospedaliera nasce dal desiderio di voler agganciare i pazienti “con la vita reale. Non solo, sono stati attivati anche progetti in situazioni particolari coi genitori non alfabetizzati. Si tratta soprattutto di persone che arrivano dal Senegal, o dal Centro Africa, che vengono alfabetizzate, e a cui viene data l’opportunità di leggere un bugiardino, attraverso i corsi proposti del Bambino Gesù”, ha sottolineato Lucia Celesti. 

“Se abbiamo un compito significa che possiamo vivere. La scuola dell’ospedale riguarda soprattutto bambini con tumori, che hanno subito trapianti. Il sistema è disponibile anche online, si tratta di una scuola flessibile. Nel tempo alcuni pazienti sono diventati anche docenti.”

Cosa chiede ai pazienti la scuola del Bambino Gesù?
“Da un ragazzo che è appena uscito da un trapianto non si può pretendere una declinazione in greco, le richieste vengono modellate secondo le esigenze del paziente. Per i pazienti con patologie risolvibili in poco non c’è bisogno che frequentino la scuola”, ha aggiunto Celesti.