Il Re del Calcio inglese compie 80 anni. E’ proprio il caso di dire “Lunga vita al Re” o, come si dice oltre Calais “Dio Salvi il Re”. Già, perché Bobby Charlton non è soltanto uno degli stimati atleti capaci di vincere il Campionato del Mondo del 1966 contro la Germania davanti ai propri sostenitori, l’unico torneo iridato conquistato dai leoni d’Inghilterra.
La Storia ci ha consegnato un dono incredibile: viene chiamato “Il Re che è vissuto due volte” perché il 6 febbraio del 1958 faceva parte di quella sfortunata formazione che, decollando con l’aereo da Monaco, si va a schiantare. Era il Manchester United, nel quale muoiono 8 atleti delle 21 vittime complessive. Bobby Charlton si salva, miracolosamente. Gli viene data una seconda, preziosissima possibilità.
Bobby Charlton nasce ad Ashington nella regione del Nothumberland, in una famiglia nella quale quattro zii sono calciatori nel Leeds United, mentre il cugino Jack Milburn è l’uomo-bandiera del Newcastle. L’ambizione massima di chi vive in una zona mineraria è quella di diventare calciatori, come fu anche per il papà di Bobby, futuro esempio assoluto per generazioni di football players britannici.
Charlton diventa famoso per l’eleganza mostrata in campo e per la correttezza tanto da venire nominato Sir ossia Baronetto, ma di esserlo ritenuto alla pari di Stanley Matthews, giocatore che ha smesso l’attività agonistica a 53 primavere senza aver mai ricevuto un’ammonizione.
Nella Nazionale inglese che vincerà il Mondiale del 1966 il capitano è il roccioso difensore Bobby Moore, altra leggenda del calcio di OltreManica, ma il calciatore tecnicamente più di rilievo è l’altro Bobby in campo, Charlton, che è un regista puro, un costruttore di gioco, un geometra, in mezzo al prato verde. Tanto che, oltre alla rassegna planetaria, vincerà il Pallone d’Oro, unanimemente riconosciuto quale miglior calciatore di tutto il Vecchio Continente.
Nella discussa finale con la Germania, per quel famoso gol non gol in occasione del parziale 3-2, finirà 4-2, sarà talmente efficace, il suo operato, che, anni dopo, Beckenbauer dirà: “Hanno vinto loro perché a centrocampo Charlton era meglio di me”. Alle qualità dei piedi buoni aggiunge il carisma, ed è accompagnato da un tiro preciso e forte, sia di destro che di sinistro, raro, a vedersi, sui campi. Soltanto anni dopo l’Inghilterra ritroverà un centrale di centrocampo così bravo, e il paragone lo rappresenterà perfettamente tale Frankie Lampard.
Tornando alle vicende del campionato inglese e delle competizioni europee, Charlton è il simbolo assoluto dello United, che viene allenato da un altro emblema, Matt Busby, anche lui sopravvissuto per miracolo all’incidente aereo di Monaco. Charlton farà da Mamma Chioccia a tutti i calciatori più giovani, compreso l’ingestibile nordirlandese George Best: loro due lo scozzese Dennis Law saranno un terzetto offensivo clamoroso, quasi irripetibile. Con Charlton centrocampista offensivo e quei due davanti il Manchester United vincerà due titoli d’Inghilterra, e, in special maniera, la Coppa dei Campioni 1968, dopo aver battuto ai tempi supplementari il Benfica di Eusebio, pantera nera del calcio mondiale. Finì 4-1 con due reti di Charlton, la prima e la quarta, segnata dopo tra il 90’ e il 120’.
Se Best è la trasgressione, soprattutto esterna al campo di gioco, Bobby Charlton è l’uomo tradizionale del calcio inglese, uno al quale affidare sempre le responsabilità, dei giorni migliori come di quelli balordi. Finirà in Nazionale senza ulteriori sussulti, a 33 anni, coi Mondiali in Messico nel 1970, dopo aver segnato, con lo United 249 gol in 758 gare disputate: lo supereranno soltanto Ryan Giggs e un certo Rooney, ancora in attività, da quest’anno con l’Everton. E il forte Wayne lo batterà anche con la Nazionale inglese: il record di Charlton era di 49 gol in 106 convocazioni.
Termina l’attività agonistica nelle divisioni meno conosciute, con Preston North End; e farà l’allenatore sia con alcune squadre nazionali che con i club ma poi dimostrerà la sua riconoscenza a Dio, per quella celebre seconda opportunità di vivere, partecipando a diverse iniziative umanitarie.
Di lui Matt Busby ha detto: Non è mai esistito un calciatore più popolare di lui. Così vicino alla perfezione, come uomo e come giocatore, che fare di più sarebbe stato impossibile”. Charlton, coi club, in tutto il percorso fatto da atleta, sarebbe stato ammonito soltanto due volte, contro nessun cartellino giallo del menzionato Sir Matthews.
E allora Dio salvi il Re pardon God Save The King. Auguri, Sir Robert Charlton.