In quanti dai nostri nonni e genitori, dagli zii appassionati di CALCIO anzi de FUTEBòL, abbiamo sentito, fin da ragazzi, un motivetto che faceva DIDI’-VAVA’ e PELE’? Il primo di questo strepitoso trio che portò la Nazionale del Brasile a  chiamava VALDIR PEREIRA più noto come DIDI’, in Italia, e Dji Dji, in Brasile. Ha partecipato a tre edizioni della rassegna planetaria, nel 1954, quando vinse la Germania in rimonta contro la grande Ungheria per 3-2 e Rahn eroe dei tedeschi dell’Ovest; in Svezia, dove, oltre a contribuire in maniera determinante al successo carioca, venne eletto Miglior Giocatore del Torneo.

Lo scorso 8 ottobre avrebbe compiuto 89 anni essendo nato nel 1928 a Campos dos Goytacazes. Il terzo mondiale cui partecipò fu quello del 1962, in Cile, tristemente noto per come vennero maltrattati contro i padroni di casa i nostri Azzurri da quell’affatto simpatico arbitro casalingo dell’inglese Aston.

Per la sua eleganza DIDI’ venne ribattezzato Mister Football, e con la Seleçao avrebbe giocato 74 volte segnando 21 reti, ma soprattutto spedendo in porta i gioielli più avanzati dello scacchiere tattico verde-oro, a partire proprio da O’Rey. Non a caso, pur convivendo con uno del calibro assoluto di PELE’, DIDI’ veniva considerato e viene considerato, ancor’oggi, uno dei più forti e talentuosi calciatori brasiliani di tutti i tempi. Tanto che nel 2000 il suo nome è stato, di diritto, inserito nella Hall of Fame della FIFA, la Federazione Internazionale di tutte le Federazioni Calcistiche del globo terrestre. Nella classifica occupa la 19° posizione dei migliori calciatori del XX Secolo.

Elemento di grande carattere e appeal carismatico sia nelle società in cui ha militato che nella stupenda Nazionale brasiliana, DIDI’ non era un tipo di tantissime parole: faceva parlare il campo, il suo tocco di palla, la sua lettura nella costruzione del gioco d’attacco, da centrocampista puro, capace di lavorare in tutte e due le fasi, in difesa come nella versione offensiva. Quando gli veniva rimproverato che non corresse tanto, rispondeva ai giornalisti e agli appassionati di Calcio: “E’ la palla, che deve correre, non noi”. Tra le sue migliori doti, infatti, i lanci lunghi e precisi, in favore dei compagni di squadra smarcati. La più marcata qualità era nel dribbling ma DIDI’ è stato un atleta completo, tra i primi del DopoGuerra. Calciava le punizioni a Folha seca ossia a foglia secca più precisamente, scansando la traduzione letteraria, a Foglia morta. Fu uno dei primi a spiegare ai tifosi di tutto il mondo che per evitare di farsi male nel calciare i tiri piazzati, il pallone andava colpito con tre sole dita del piede. E chi spiegherà anche nelle interviste questa cosa sarà negli anni ’80 un certo Edinho, che da noi avrebbe giocato nell’Udinese, con Zico. DIDI’ batteva delle fantastiche punizioni non potenti, cariche di effetto, ad aggirare la barriera con il portiere sistemato sull’altro palo.

DIDI’ quando giocava nelle giovanili del São Cristóvão quindi nell’Industrial, nel Rio Branco, nel Goytacaz e nell’Americano. Qui il primo segno divino, se volete: ebbe un’infezione a un ginocchio a soli 14 anni, che gli fece rischiare addirittura l’amputazione di una gamba. Tra i Professionisti cominciò nel 1946 con l’Amiericano de Campos a 16 anni. Poi giocò con la Lençoense e il Madureira e fu acquistato nel 1946 dalla Fluminense, dove rimase per 10 anni vincendo un Campionato Carioca nel 51 e la Copa Rio l’anno dopo.

Nella vita privata si separa dalla moglie in favore della cantante carioca Guiomar. Andò al Botafogo nel 56 per 2 milioni di cruzeiros e nel 1957 vinse di nuovo il Campionato Carioca. Per una scommessa fece a piedi dallo stadio a casa sua, per questo successo.

Il 1958 vide la sua consacrazione con il Brasile che, nella finale mondiale, andò sotto dopo 8 minuti, rete di un certo Nils Liedholm, centrocampista centrale della Svezia. Ma i sudamericani vinsero 5-2, a Stoccolma. Sulle ali della acquisita notorietà, nel 1959 andò al Real Madrid ma non ebbe le fortune sperate, individualmente parlando. Tornò al Botafogo in Brasile dove vinse il campionato dello Stato nel 61 e nel 62. Ma in questa specifica stagione decide di andare in Perù, ad allenare lo Sporting Crystal, nel ruolo di giocatore e entrenador cioè tecnico.

A fine carrierà giocò ancora due volte, nel 1964 e fino al 66, col San Paolo, ma senza conquistare ulteriori allori. Ricordiamo i successi ottenuti:

4 Campionati Carioca 1 col Fluminense oltre a 1 Coppa Rio, e 3 tornei nel Botafogo, 1 Torneo Rio-San Paolo; 1 Coppa Campioni col Real Madrid nel 1960. In Nazionale 1 Campionato Panamericano nel 1952 e 2 Mondiali nel 1958 in Svezia, come detto, e in Cile, nel 62, aprendo il libro delle grandi conquiste do Brazil.

Ma anche da Allenatore ha vinto molto: nel 68 in Perù con lo Sporting Cristal, nel Fenerbahce, 2 Campionati di Turchia, e una Supercoppa sempre a Istanbul nel 1974.

Torna in Brasile da innovatore, tra i primissimi in Turchia, e nel suo paese d’origine vince un Campionato Carioca con la Fluminense e una Taça Guanabara con il medesimo club, 2 Campionati nello Stato Mineiro col Cruzeiro nel 76 e nel 77.

Un capolavoro va ricordato anche da tecnico del PERU’ ai Mondiali del 70 in Messico quando la sua squadra sbatté fuori l’Argentina gestendo campioni quali Teófilo Cubillas e Héctor Chumpitaz. Ai quarti i biancorossi peruviani furono battuti dal Brasile per 4-2

Pensate – Perché è sempre vivo, il ricordo di DIDI’? Per tanti motivi. Quello più significativo: segnò il primo gol della storia allo Stadio Maracanà, in una partita tra giocatori di calcio dello Stato di Rio de Janeiro e dello Stato di San Paolo.

DIDI’ è salito in Cielo il 12 maggio del 2011 per un brutto male all’intestino. Ma il suo ricordo, in Europa come in tutta l’America, viene tramandato da diverse generazioni, anche attraverso diverse opere letterarie sportive.