Parliamo oggi di uno dei campioni più amati dagli appassionati di calcio, tedeschi ed europei: Karl Heinz Rummenigge per gli amici Kalle. Proviene da una zona particolarmente innamorato del fussdball, in Westfalia, Germania Occidentale, e comincia proprio nella sua città, come capita a tutti i bambini del mondo: Lippstadt, nella locale compagine del Borussia. Ci gioca dai 7 ai 19 anni, facendo tutta la trafila nel settore giovanile locale. Nel gennaio del 1974 passa al Bayern Monaco, una leggenda assoluta della Bundesliga e del calcio di club mondiale. Nella Serie A tedesca giocherà 299 partite con 154 reti messe a segno ovvero un gol ogni due partite: impressionante. Vince un titolo di Germania nel 1980 e una Coppa nazionale ma soprattutto in precedenza, 1976, ha vinto una Coppa dei Campioni, due volte di fila tra l’80 e l’81 la classifica dei migliori realizzatori rispettivamente con 26 e 29 gol. E in quelle due stagioni, infatti, France Football gli assegna il Pallone d’Oro. A proposito di questo riconoscimento, la doppietta peraltro consecutiva, nel caso di Rummenigge, era riuscito soltanto a Di Stefano, leggenda del Real Madrid, Johann Crujff (che ne vinse 3!), Beckenbauer e Keegan.
Nel Bayern Monaco ha formato un trio d’attacco clamoroso, irripetibile, probabilmente, nella terra bavarese, nemmeno in tempi odierni: Gerd Muller, Kalle e Uli Hoeness! Roba da collocare in neretto, nei libri di storia. Soprattutto perché a sganciarsi dalle retrovie in loro favore, partendo da difensore, c’era il menzionato libero planetario, un certo Franz Beckenbauer.
Negli anni 80 la nostra Serie A, che conta due giocatori di altra nazione per squadra, si accorge di lui e fa di tutto per portarlo a Milano, sponda neroazzurra: compone, insieme a Liam Brady, irlandese, la coppia di stranieri dell’Internazionale.
Rummenigge è stato un attaccante dal valore cristallino non solo confinato agli ultimi 16 o 20 metri; capace di partecipare alla manovra era un punto di riferimento per i centrocampisti nella fase di costruzione del gioco e nel far salire la squadra. Anche se nasce con lo spirito libero dell’ala sinistra, è un numero 11 in realtà ritenuto una seconda punta pura, non un centravanti classico. Veloce, capace e tanto, nel dribbling, con un tiro in corsa che ha sempre rappresentato una grande insidia, per portieri e difensori avversari. Il tutto accompagnato da una potenza fisica e atletica davvero imponente, poderosa.
Con la Germania ha disputato due campionati del mondo, in Argentina, nel 1978, ma come l’Italia, dovrà fare strada all’Olanda, sconfitta in finale dai padroni di casa; e nel 1982, diventando vice-campione del Mondo proprio dietro alla Nazionale di Enzo Bearzot. Nella Coppa Europa per Nazioni vince a Roma nel 1980, 2-1 al Belgio, rappresentando le vicende d’attacco teutoniche con Horst Hrubesch e Klaus Allofs. Nulla da fare, 4 anni dopo, quando la Germania verrà eliminata prima di giocarsi qualcosa di importante.
Diventerà un apprezzato dirigente del calcio tedesco sempre capace di dire la sua, ne sa qualcosa Ancellotti, nel club del Bayern di Monaco.Ha compiuto 62 anni lo scorso 25 settembre.