Felice Gimondi compie 75 anni. Non è stato un atleta qualsiasi, nella storia del ciclismo italiano e mondiale, perché ha corso in un periodo di grandi campioni, tutti concentrati nei suoi tre lustri trascorsi in bicicletta; uno per tutti Eddy Merckx, il Cannibale.

Nasce a Sedrina il 29 settembre 1942 ed è Professionista dal 1965 al 1979, fino a 37 anni compiuti. Corridore completo, bravo sia come passista che come scalatore, ha stupito tutti anche a cronometro e in occasione di volate decisive e importanti come quella vinta su Mertens e Merckx al Campionato del Mondo del 1973. Con una differenza, rispetto al belga più famoso del mondo dei pedali: il buon Eddy ha avuto una carriera mengo longeva, rispetto all’italiano, che ha iniziato a vincere nel 1965, a soli 23 anni, e ha finito nel 76, a 34 primavere suonate.

Sui libri di storia dello Sport il suo nome e il suo cognome restaro scolpiti perché è uno dei sei corridori ad aver conquistato tutti e tre i grandi Giri, ossia quello d’Italia, 67, 69 e 76, il Tour de France (1965) e la Vuelta de Espana nel 68. A parte il titolo iridato, che fa sempre capire il suo valore assoluto, ha vinto classiche come il Giro di Lombardia, due volte, e altrettante volte quello dell’Appennino, ma anche una Milano-Sanremo e una Parigi-Roubaix. Da ricordare come sia di Gimondi il record di piazzamenti e podi al Giro d’Italia.

Questa la chiave di lettura generale di una meravigliosa carriera, che gli è valsa tante onorificenze e medaglie successive all’attività agonistica. E pensare che nel 1959, categoria Allievi a soli 17 anni, ottenne il primo di tanti successi, nella Geramo-Celana. Passò tra i Dilettanti nel 1962, e in 3 anni vinse 16 corse tra le quali il Tour de l’Avenir del 64, l’anno della convocazione in maglia azzurra per i Giochi Olimpici di Tokyo.

Il suo matrimonio con il mondo del professionismo arriva nel 1965 e si lega, per 7 stupende stagioni, alla mitica Salvarani di Luciano Pezzi. 2° posto nella tremenda Freccia Vallone e 3° al Giro d’Italia dove è ottimo compagno di squadra di chi quell’anno lo vinse, tale Vittorio Adorni. A luglio va a fare da gregario proprio da Adorni per sostituire Battista Babini. Ma durante la 3° tappa indossa la Maglia Gialla e la porta, eccezion fatta per due giorni, solo due giorni, jusq’aux Champs Elysés, fino ai Campi Elisi, a Parigi. Un trionfo a soli 23 anni: come Gimondi nessuno, mai, avrebbe costruito tanto oro in poco tempo, nel Ciclismo precedente il bergamasco, e anche dopo. E’ il 5° italiano, fino a lì, a vincere la Grande Boucle, dopo aver vinto a Rouen ed aver resistito al più affermato Raymond Poulidor sul gigantesco Mont Ventoux. Vinse in entrambe le sfide col cronometro, in salita sul Mont Revard e a Parigi, dove il tricolore tornò a distanza di pochi anni, sul vessillo più alto.

Nel 1966 tutti ad aspettare questo giovanissimo Campione a confermarsi ai livelli ottenuti: arriva 5° al Giro d’Italia ma vince la Parigi-Roubaix e la Parigi-Bruxelles, la Coppa Agostoni, la Coppa Placci e il Giro di Lombardia davanti a gente del calibro di Merckx, Poulidor e niente poco di meno che Jacques Anquetil, il grandissimo campione francese. Il Giro d’Italia lo vincerà nel 1967 grazie allo scatto nelle terre trentine sul Passo del Tonale, quando staccò Gianni Motta, non uno qualsiasi, e sull’Aprica, dove lasciò la maglia rosa Anquetil a oltre 4 minuti primi, stracciandolo, nella classifica generale. Al Tour andò meno bene, giunse 7°, per aver accusato problemi intestinali sui Pirenei, dopo aver vinto la tappa di Puy de Dome.

Nel 1968 vinse la Vuelta diventando, nella storia mondiale del ciclismo, il primo italiano e secondo dopo Anquetil, a vincere i tre giri di Italia, Francia e Spagna. Il 1969 non iniziò sotto una buona stella, ma vinse il Giro d’Italia, in primavera, nell’anno in cui toccò una squalifica, dopo la tappa di Savona, al belga Eddy Merckx. Il belga si rifece con gli interessi al Tour dove Gimondi giunse 4°. Il finale di stagione vide il nostro rappresentante Campione d’Italia quando conquistò il giro di Romagna, che valse quale titolo tricolore. E ancora riuscì a mettere tutti dietro di sé al Grand Prix des Nations, al Giro dell’Appennino e al Trofeo Baracchi.

Nel 1970, l’anno dei Mondiali di Calcio in Messico, al Giro d’Italia Merckx consumò la sua rivincita e Gimondi arrivò 2°. Stesso ordine al traguardo nel 71 alla Milano-Sanremo e ai Campionati del Mondo. Nel 1972 passò l’annata sportiva più difficile, con la sola eccezione del Tour, ma anche qui Merckx fu 1° e Gimondi 2°. Fu 3° al Giro di Lombardia e vinse di nuovo il campionato italiano, corso come Giro dell’Appennino.

Per il riscatto di Gimondi ci volle tutto l’ingegno del grande direttore sportivo Giancarlo Ferretti, che in precedenza gli aveva fatto da gregario nella Salvarani. Lo portò alla Bianchi per ben 6 anni e al primo, sul circuito catalano del Parco Montjuich, a Barcellona, Felice conquistò il titolo di Campione del Mondo grazie al grande lavoro di Giovanni Battaglin, che gli aprì la strada nella volata iniziata da Freddy Maertens, e nella quale Merckx perse il passo nell’attimo decisivo.

Va sempre ricordato che Gimondi ha avuto, dalla sua, un grande senso tattico, tanto che nei campionati del mondo precedenti la vittoria, aveva ottenuto il 3° posto in Inghilterra, a Leicester, 1970, e a Mendrisio, Italia, il 2°, l’anno dopo. Poi quello stupendo aureo 1973. Sarebbe poi arrivato 7° quando Moser ottenne l’argento, a Ostuni a due passi dalla stupenda Brindisi, nel 76. E quando il popolare Francesco vinse il Mondiale, 12 mesi dopo a San Cristobal, Venezuela, Gimondi arrivò 11° partecipando, a 35 anni, al grande lavoro della Nazionale di Alfredo Martini, architetto e geometra di tantissime imprese planetarie del ciclismo azzurro.

Nel 1974, con addosso orgogliosamente la maglia di Campione assoluto, Gimondi si impone nella Milano-Sanremo; al Tour incappò in un controllo antidoping per ingenuità e venne penalizzato di 10’ in classifica e squalificato per un mese. Il capolavoro in età avanzata arriverà nel 76, quando veniva da tre podi ottenuti negli ultimi tre anni, e riuscì ad avere la meglio su campioni di acclarato valore quali sono stati Francesco Moser, e Johan De Muynck, che avrebbero vinto in seguito, il Giro d’Italia, nonché Eddy Merckx, in palese parabola discendente.

Gimondi ha partecipato 14 volte al Giro di casa nostra, con 9 volte vissute tra il 1° e il 3° posto, e 24 giorni in maglia rosa. L’ultimo successo di una carriera chiusa 3 anni dopo lo avrebbe ottenuto, per la seconda volta in Belgio, conquistando la Parigi-Bruxelles. Anche quando non ha vinto, come nel giro del 1978, arrivò 11°, contribuì in misura determinante alla vittoria del suo compagno di squadra Johan De Muynck.

Ha chiuso con il 3° posto nel campionato italiano indoor, contando 11 campionati del mondo corsi, con un oro un argento e un bronzo portati a casa, e vincendo 141 corse.

Dopo la fine della carriera agonistica ha partecipato a tante trasmissioni televisive sul Ciclismo con commenti sempre schietti e di grande competenza. In mezzo, da dirigente, è stato direttore sportivo della Gewiss Bianchi nel 1988 e nel 2000, presidente della Mercatone Uno Albacom, la squadra di Marco Pantani. Poi responsabile dello Sport per conto della storica azienda di biciclette di Milano Bianchi. Che, in suo onore, dal 1996, organizza, non a caso in provincia di Bergamo, la Granfondo internazionale Felice Gimondi.

Il grande Gianni Brera lo chiamava Felix de Mondi e Nuvola Rossa. Tantissimi, i riconoscimenti di questi ultimi anni, a un grande personaggio e già atleta di grande valore. A lui hanno dedicato canzoni Elio e Le Storie Tese “Sono Felice”, e Enrico Ruggeri con “Gimondi e il Cannibale”.

Auguri e tanta riconoscenza e ammirazione, giovanotto di 75 anni!.