Concorsi truccati. Per ricostruire la vicenda senza scavare troppo nel passato di un sistema che, ormai è acclarato, affonda le sue radici nella natura stessa dell’animo umano, basta tornare indietro di appena un anno. Esattamente un anno fa la denuncia di Raffaele Cantone, numero uno di Anac (Agenzia Nazionale Anti Corruzione) scuoteva dalle fondamenta i pilastri del sistema universitario italiano: “Siamo subissati di segnalazioni su questioni universitarie, soprattutto sui concorsi. C’è un grande collegamento, enorme, tra fuga di cervelli e corruzione”. Apriti cielo! La reazione del mondo accademico fu compatta, unitaria e sostanzialmente indignata. Ed oggi Cantone la ricorda così: “Ricevetti un pacco di lettere di professori indignati. Mi scrissero di tirare fuori le prove. Quello universitario è un mondo suscettibile e capace di grandi difese corporative. Il rapporto professionale padre-figlio, ricorrente di per sé, in facoltà è forte”.
Concorsi truccati
Dal settembre del 2016 ad oggi non è cambiato molto ma sembra diversa la percezione di una filiera della raccomandazione che spinge di nuovo a porci, tutti quanti, uno scomodo, imbarazzante quesito: l’università italiana è affetta da una malattia guaribile che ha colpito sono alcuni organi, seppur vitali, oppure si tratta di un’epidemia dilagante ed inarginabile da debellare attraverso strumenti mai messi in campo fin ora?
Per rispondere a questa domanda Radio Cusano Campus ha contattato il Prof. Stefano Zecchi, giornalista, scrittore, accademico ed ex ordinario di estetica all’Università degli studi di Milano. Prof. Zecchi, è malattia o epidemia?
“E’ epidemia, senza dubbio. Quasi 20 anni fa a ‘Domenica In’ scrissi su un foglio i nomi dei 3 vincitori di un concorso ben prima che fosse anche nominata la commissione. Chiusi i nomi nella busta, la sigillai e la consegnai nelle mani del direttore Maurizio Belpietro. Questo concorso fu espletato e quei 3 nomi, o forse 4, ora non ricordo con precisione, risultarono i vincitori. Poi ho scritto un librettino “Povera maledetta laurea” dove avevo raccontato una serie di vicende, a partire dal 1995, riportando forse una delle prime intercettazioni telefoniche tra l’altro molto simile a quelle che stiamo leggendo in questi giorni. Se non è epidemia questa”.
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