Concorsi truccati. Esattamente un anno fa la denuncia di Raffaele Cantone, numero uno di Anac (Agenzia Nazionale Anti Corruzione) scuoteva dalle fondamenta i pilastri del sistema universitario italiano: “Siamo subissati di segnalazioni su questioni universitarie, soprattutto sui concorsi. C’è un grande collegamento, enorme, tra fuga di cervelli e corruzione”. Apriti cielo! La reazione del mondo accademico fu compatta, unitaria e sostanzialmente indignata. Ed oggi Cantone la ricorda così: “Ricevetti un pacco di lettere di professori indignati. Mi scrissero di tirare fuori le prove. Quello universitario è un mondo suscettibile e capace di grandi difese corporative. Il rapporto professionale padre-figlio, ricorrente di per sé, in facoltà è forte”.
A distanza di 12 mesi la denuncia del ricercatore fiorentino, Philippe Laroma Jezzi, ha scoperchiato un vaso mai chiuso ermeticamente, tant’è che tutti o quasi erano a conoscenza di ciò che contenesse ma nessuno osava andare a raccontarlo in giro, o meglio, a raccogliere prove per smascherarlo. E così quello che tutti cercavano di negare o, nella migliore delle ipotesi edulcorare, è emerso con potenza esplosiva, senza stupire nessuno ma imbarazzando un po’ tutti. Chi a suo tempo ebbe il coraggio di ammettere quanto meno una distorsione all’interno del sistema di reclutamento universitario, non si sognò di chiamarla corruzione perché la corruzione è un reato vero, per il quale è previsto l’arresto. Ed è infatti questo il reale elemento di novità: l’arresto.
A sostenerlo, ai microfoni di Radio Cusano Campus, il prof. Stefano Pivato, ex Rettore dell’Università di Urbino, saggista, scrittore e autore del famoso pamphlet “Ai limiti della docenza”, dove alcuni elementi dello scenario attuale venivano incredibilmente anticipati. Prof. Pivato, si aspattava saremmo giusnti a questo?
“Non so se me lo aspettavo, posso dire che non mi sorprende la vicenda dei concorsi truccati. E se devo aggiungere qualcosa di nuovo a ciò che dichiarai appena un anno fa riguarda la misura degli arresti domiciliari. Non c’era mai stato l’arresto per un professore universitario, questo può cambiare qualcosa, almeno spero. Per il resto non posso confermare la mia idea: al di là delle persone è il sistema concorsuale italiano che si presta a corruzioni e manipolazioni, negli altri paesi non esiste questa formula. Sa da cosa si capisce che il sistema è sbagliato? Cambia di continuo, è la ricerca spasmodica della strada giusta ma non si arriva mai all’obbiettivo. Non si può decidere una formula e poi apportare sistematici correttivi per renderla migliore. Inoltre, come scrivo nel mio libro, il professore universitario è un camaleonte, ha la rara capacità di adattarsi ad ogni tipo di contesto e situazione”.