Baby miss e mamme manager: senza le seconde le prime non sarebbero possibili. E’ rosa il mondo della moda per bambini, è fatto di donne alla ricerca di una seconda possibilità, bambine-adulte, e rasenta il grottesco. Dal concetto di ‘principessizzazione’ a quello di ipersessualizzazione, “Bellissime” racconta l’infanzia di piccole aspiranti lolite, ed emerge un quadro dove i prodotti vengono pensati e venduti ad un pubblico soprattutto maschile. Flavia Piccinni, nel libro edito Fandango Libri, spiega i retroscena delle passerelle per aspiranti lolite, non risparmia dettagli tragicomici, e più che far riflettere, fa rabbrividire sui desideri degli adulti.
Nell’ambiente non mancano giochi di potere, e sacrifici. Le baby miss durante le ore di lavoro si vedono costrette a dover rinunciare ai loro bisogni, come bere, ad esempio. Ne abbiamo parlato a #genitorisidiventa con l’autrice e con la dottoressa Marazziti, psichiatra dell’Università di Pisa.
Cosa c’è nella vita di mamme manager che accompagnano le bambine alle sfilate, e sognano figlie – star?
“C’è un’insoddisfazione di fondo. Usano le loro figlie per colmare alcune mancanze personali”, ha affermato la psichiatra. I padri non ci sono, quello dei papà “è un ruolo in crisi. I padri sono assenti perché troppo distanti dalle figlie, e da questo mondo. L’attenzione per l’aspetto fisico è una caratteristica prettamente femminile (quindi delle madri). Non vedo vantaggi per i bambini che gravitano in questo ambiente. Il bambino deve fare il bambino: deve giocare, andare a scuola, incontrare gli amichetti, costruire relazioni sociali. Questo è un mondo dove c’è un’attenzione drammatica per il corpo e per l’aspetto esteriore. Si pone l’accento su quello che appari e non su quello che sei. Ma è un problema della società attuale, l’essere focalizzata sull’esteriorità e non sull’interiorità.”
Qual è il ruolo dei mezzi di comunicazione nel processo di adultizzazione dei bambini?
Flavia Piccinni ha parlato, nel libro e durante l’intervista su Radio Cusano Campus, di programmi come “Drive In”, “Non è la Rai” come di trasmissioni che “producono un immaginario. Siamo figli di una televisione che ha prodotto adulti in miniatura. Nel caso delle bambine c’è l’ipersessualizzazione, ovvero l’esposizione di alcune parti del corpo. Capita di vedere bambine col rossetto, il mascara, l’ombretto.”