ADDIO A UN CAMPIONE DEL MONDO CAPACE DI VINCERE IL TEMPO
SE NE VA A 96 ANNI JAKE LA MOTTA
ISPIRO’ TORO SCATENATO con Roberto De Niro
Ci sono eroi che lasciano il segno per il loro carattere, per la loro grinta, per qualche frase, inedita, propria, rimasta nella Storia dello Sport. E’ il caso di Giacobbe La Motta più noto con il diminutivo di Jake, pugile capace di arrivare a conquistare il campionato del mondo. E’ morto ieri, a 96 anni dopo una vita dedicata al Pugilato. Era figlio di emigrati italiani, la famiglia veniva dalla Sicilia, e si era sistemata nella zona del Bronx, non proprio un posto di maestrine ed educande, ma nemmeno di attenti alunni dediti al volontariato. Ma lo Sport lo salvò dalla strada, dalla pericolosa possibilità di diventare un criminale, uno sbandato. Nel Bronx non aveva grandissime alternative, sia sul piano del lavoro che dell’inserimento sociale. Prese la via della palestra, e, tutto sommato, questa scelta divenne la sua fortuna, agonistica, economica, sportiva, sul piano della immensa popolarità che di lì a diversi anni avrebbe acquisito.
Il padre lo spinse a combattere, per farsi rispettare nelle strade di quella zona malfamata di Nuova York. Lui inizialmente non conosceva granché, come tirare di boxe, ma per sopravvivere in quell’area della Grande Mela doveva colpire più duro del prossimo. A 19 anni era già pugile professionista, anche se un peso medio differente da quelli naturali. Perché non aveva l’altezza di un’ala di pallacanestro, le braccia, pur muscolose, erano corte. Ma quando saliva sul quadrato, insomma, sul ring, diventava un’ira divina, con la quale gli avversari avrebbero dovuto fare i conti, e farseli per bene.
Era il periodo post-bellico anche per gli Stati Uniti d’America, e la boxe seppe sfornare parecchi eroi del ring: il periodo di Jake La Motta coincise con quello del primo grande Sugar del Pugilato, Ray Robinson, che gli sbarrò la strada sempre tranne che per una volta. Sfide difficili, fatte di cattiveria e rabbia, dello sfinire l’altro, su quel quadrato, come capitò nel giorno di San Valentino, quel 14 febbraio 1951. Alla 13° ripresa il pubblico chiedeva all’arbitro, la sospensione dell’incontro, per le tante botte che La Motta stava prendendo da Robinson. E il match venne interrotto per k.o. tecnico. Il titolo mondiale andava a Sugar Ray, ma La Motta, andando a salutare l’avversario, con aria da duro, gli disse: Neanche stavolta, mi hai buttato giù…”, tanto per dimostrare l’orgoglio degno di una famiglia italiana. La Motta ha combattuto 106 volte, vincendo per 83, con 19 sconfitte e 4 draw cioè pareggi.
Nella sua carriera La Motta ha dovuto anche accettare qualche insano compromesso, come quello che Frank Carbo, non proprio un galantuomo, lo costrinse a osservare: dovette decidere di perdere un incontro, Giacobbe La Motta, al fine di giocarsi la chance del titolo mondiale, contro Marcel Cerdan, che aveva incantato la Francia, l’Europa e il globo terrestre per la sua storia d’amore con Edith Piaf. Jake La Motta vinse l’incontro con il popolare atleta francese, che, povero, non ebbe la possibilità di vivere la sua rivincita a colpi di pugni. Cerdan morì in un incidente aereo.
Il film più bello su La Motta – La pellicola che Martin Scorsese e un grandioso Robert De Niro avrebbero saputo confezionare per lui ha riscosso l’ammirazione del mondo intero: “Racing Bull”, Toro Scatenato, ha scavato uno dei più grandi solchi, nella storia del racconto di uno sportivo attraverso la celluloide. E avrebbe incoraggiato altri produttori e registi, a seguirne la strade, con le misure, i tempi, l’intensità dei personaggi che si sono saputi calare nelle storie reali, di vita e sportive.
Non vi è dubbi che la trasposizione cinematografica di Jake La Motta sia accostabile ai livelli assoluti, sia per la bravura del pugile, che è diventato Campione del Mondo dei Pesi Medi, una delle categorie che meglio fonde la tecnica alla forza; sia per la qualità strepitosa dell’attore che l’ha impersonato, Robert De Niro, che con quel film conquistò il Premio Oscar al Migliore Attore protagonista. Tanto che l’American Film Institute ha collocato “Toro Scatenato”, uscito nel 1980 con un apprezzato mix di immagini in bianco e nero, al 40° posto sui 100 migliori film a stelle e strisce di ogni tempo. La sera della consegna della statuetta a De Niro era in platea anche Jake La Motta, che era diventato attore in diverse pellicole, per esempio come barista nel film “Lo Spaccone”, con un altro grandissimo interprete, Paul Newman. De Niro, per interpretare il pugile italo-americano, si dice che dovette ingrassare di 30 chili e per tre mesi fece gli allenamenti, dalla corsa al sollevamento pesi, dai celebri salti con la fune al pugilato vero e proprio, sotto gli occhi di Jake.
Tanti matrimoni – Negli anni 50 La Motta incrociò il nostro pugile Tiberio Mitri, che, come l’acquisito americano, sposò una bellissima donna: a Mitri toccò Fulvia Franco, che era diventata Miss Italia, a Jake Miss America, Vickie, ma la gelosia scavò un solco ben presto fatale, al proseguimento del percorso comune. Quella gelosia, grandissimo limite, che lo portò a sposarsi 6 volte e a separarsi 5. Il combattimento con Mitri lo vinse, Jake, con l’italiano che finì i 15 round in piedi ma soffrendo le pene del Purgatorio. Mitri morì suicida, sotto un treno, destino infame. La Motta avrebbe continuato il suo percorso fino a 96 primavere.
Ma quelli coi capelli bianchi ricordano la grinta di Toro Scatenato, la rabbia nel voler tentare di vincere fino alle estremità del coraggio, fino a rischiare di restarci secco, in quel giorno di febbraio, che passò alla storia come il Massacro di San Valentino, mutuando la tetra definizione da una delle chiamiamole imprese di tale Al Capone e dei suoi seguaci.
La sesta e ultima moglie di Jake La Motta lascia in favore del suo amato delle profonde parole: “Voglio solo che la gente sappia che è stato un grande uomo: sensibile, forte, dolce, ironico e con occhi che danzavano”.
Ora Jake è salito in cielo. Nemmeno questo passaggio, in un’altra dimensione, può averlo buttato giù. Come disse con grande fierezza, a Sugar Ray Robinson. Ci sono personaggi che sanno vincere anche contro il tempo. La Motta è stato uno di questi.