Numero chiuso: scatta l’effetto domino
Numero chiuso, è l’ora dell’effetto domino? La sentenza emessa nei giorni scorsi dal Tar del Lazio, tribunale amministrativo cui hanno fatto ricorso gli studenti rappresentati dall’associazione UdU, ha avuto come primo effetto lo stop ai test di ingresso introdotti alla Statale di Milano e previsti già per la giornata di ieri. Chiare le parole del Magnifico Rettore Prof. Vago:
“E’ come se fossimo commissariati, ci dicono di prendere tutti gli studenti, ma la legge ci impone di rispettare un numero minimo di docenti adeguato al numero di iscritti. Situazione che rischia di essere paradossale, con il pericolo che alcuni corsi potrebbero non essere accreditati”. Il Rettore Vago ha poi annunciato che sarà inviata subito comunicazione della sospensione dei corsi agli studenti che resteranno iscritti con riserva. Se il Consiglio di Stato dovesse concedere la sospensiva della pronuncia del Tar, secondo il Rettore sarebbe possibile riprogrammare i test di ammissione per la fine di settembre.
Ciò che si attende ora è il ventilato effetto domino di cui parlano gli studenti dal giorno della sentenza del Tar. Quel che sembra, infatti, è che molti atenei che hanno imposto ai loro iscritti il numero programmato, non avessero nella sostanza i requisiti minimi sufficienti per giustificare l’introduzione della selezione in entrata. Su questo aspetto specifico, vigileranno i rappresentanti dell’UdU.
”Dopo la sentenza del Tar del Lazio che ha considerato illegittimo il numero chiuso nelle facoltà umanistiche per l’Università di Milano, noi crediamo ci sarà un effetto domino anche in altri Atenei.” Ne è convinta Elisa Marchetti, coordinatrice nazionale dell’Unione degli Universitari, in protesta davanti a La Sapienza a Roma per chiedere, nel giorno dei test d’ingresso a Medicina e Odontoiatria, l’abolizione del numero chiuso. ”Dopo il capoluogo lombardo saremo pronti a fare ricorso anche in altri Atenei – ha aggiunto – perché secondo noi, imporre un’ulteriore barriera quando già in Italia abbiamo pochi laureati è una scelta politica folle.”