Paura d’amare, la diffusa tendenza a stare lontani dalle relazioni si chiama ‘filofobia’. Nel rapporto di coppia “il coinvolgimento può essere vissuto come una minaccia, più che come una risorsa. Si ha paura di perdere il controllo causato dall’innamoramento, o qualcosa di ignoto, ingestibile, e incontrollabile” afferma Patrizia Mattioli, psicoterapeuta cognitivo – comportamentale a #genitorisidiventa su Radio Cusano Campus, provando a spiegare la filofobia. Si tratta di un timore inconsapevole radicato in dinamiche affettive familiari respingenti, o a relazioni amorose pregresse finite male, che hanno provocato troppa sofferenza. Ma allora continuiamo a vivere nel passato? Le persone, e i rapporti, sono diversi, cambiamo noi con loro, perché temere ancora?
Le gioie dell’amore sono quello che rimane al calare del sole, alla fine di una giornata sfiancante. Pensate che spreco pensare di aver trovato finalmente trovato la persona giusta, il riassunto delle delusioni passate e le speranze future, e mentre stiamo per acquistare un regalo (in segno di gratitudine all’altro, e alla vita), o stiamo per esprimerci positivamente su un rapporto, qualcosa si rompe. E non sappiamo cosa, e perché… Diventa pure inutile rimuginare. “Entrare in una relazione sentimentale significa rinunciare alle proprie libertà, alle proprie abitudini. Entrare in intimità con una persona può significare farsi conoscere, liberare quelle negatività di cui ci si sente portatori. Non si riesce anche a causa di bassa autostima”, ha sottolineato Mattioli, in trasmissione, affermando che il disagio può portare a chiudere, prima ancora di aprire all’altro, o sul punto di farlo. “La scelta di partner impossibili, o l’arte di farsi lasciare” sono strategie adottate da questi individui, “mettono l’altro in condizione di non poterci stare vicino. Non creano spazi di condivisione sicuri”, ha aggiunto l’esperta, a proposito della paura d’amare. Ma se sono felici così, e se sono in grado di bastare a se stessi, perché tirarli fuori dal pantano che si sono creati?
Ascolta qui l’intervista integrale