Autismo e nuoto, la riabilitazione comincia in piscina. “L’acqua è un attivatore emotivo più che relazionale”, afferma la dottoressa Maggio, a #genitorisidiventa su Radio Cusano Campus. E’ stata confermata a genitori, insegnanti, e addetti ai lavori la funzione del nuoto, e l’importanza di questo stesso come terapia nel caso della cura dell’autismo. Non è l’ennesima teoria da manuale, ma una delle più efficaci pratiche sportive. E’ risaputo, e ora ne è arrivata la riprova.
“Abbiamo avuto modo di riscontrare grossi benefici che riguardano la sfera emotiva, relazionale. I genitori ci rimandano il miglioramento relazionale. I figli riescono più facilmente ad entrare in relazione con altri. L’acqua agevola l’entrata in contatto con l’altro. L’acqua e il nuoto ci permettono di andare a lavorare su più aspetti”, sottolinea la dottoressa Maggio in trasmissione. “Il metodo si sta espandendo su tutto il territorio nazionale. L’autismo è una patologia con cui si fa fatica a lavorare se non si è adeguatamente formati, prescinde dalla classe sociale, dall’etnia, e dalle zone. Se ci crediamo per primi, e se riusciamo a fare un buon lavoro con i ragazzi è possibile ottenere risultati che potevano sembrarci impossibili. E’ importante crederci e avere degli obiettivi per ogni ragazzo”, aggiunge l’esperta in trasmissione. I movimenti favoriscono autostima, autonomia. Nuotare è un modo per giocare, incontrare l’altro, e se stessi. Le famiglie, tra di loro, si sono passate parola, fino a far sapere anche ad altri – che vivevano lo stesso disagio – quanti miglioramenti sono stati possibili con la piscina. Nello specifico sono Giovanni Ippolito, e giovanni Caputo, ad occuparsi della terapia multisistemica in acqua, da loro creata per supportare bambini autistici. In occasione della giornata mondiale dell’autismo si è discusso della funzione del nuoto e di quanto sia importante aiutarsi con lo sport per migliorare la qualità della vita a piccoli pazienti. Autismo e nuoto, ripartire di qui è possibile.
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