Risale a pochi mesi fa l’allarme dell’ONU sulla gravità delle crisi umanitarie in corso in diversi paesi africani a causa di guerre e cambiamenti climatici. Una situazione che, senza un intervento forte, non sembra destinata a migliorare, con oltre 20 milioni di persone a rischio sopravvivenza. A lavorare in queste situazioni sono gli operatori esperti di gestione delle crisi umanitarie, prevenzione dei conflitti e processi di ricostruzione post conflitto, chiamati a risolvere crisi alimentari provocate in gran parte da conflitti, il che rende anche difficile la distribuzione degli aiuti alla popolazione.
Crisi umanitarie: 20 milioni di persone a rischio
Nel marzo scorso il Sottosegretario Generale dell’ONU per gli aiuti umanitari Stephen O’Brien ha indicato, nel suo rapporto al Consiglio di Sicurezza, come in Sud Sudan, Yemen, Somalia e Nigeria del Nord Est si stia verificando la peggiore crisi umanitaria dal 1945; una crisi che coinvolge oltre 20 milioni di persone che rischiano di morire di fame a causa di guerre e carestie.
Secondo il Financial Times tutte le crisi in corso, ad eccezione della Somalia, sono state causate dall’uomo stesso tra guerre civili, conflitti e azioni come quelli portate avanti da Boko Haram. Per la Somalia invece si parla di crisi umanitaria e di carestia a causa della siccità.
Carestia: la definizione
Per l’ONU si parla di carestia quando almeno il 20% delle famiglie di un dato paese non ha più cibo, quando più del 30% soffre di malnutrizione e quando muoiono più di 2 persone ogni diecimila al giorno. Carestia indica l’ultimo dei cinque livelli usati per valutare la mancanza di cibo in un paese. Cosa si può fare? L’ONU denuncia la carenza di finanziamenti alle sue agenzie come FAO, WFP e IFAD e che senza un aiuto umanitario urgente la gente, ha detto O’Brien, “morirà semplicemente di fame”: servono 4,4 miliardi di dollari per soccorrere le popolazioni in Yemen, Sud-Sudan, Somalia e il nord est della Nigeria.
Una situazione irreversibile?
L’emergenza che abbiamo di fronte non è irreversibile, ma bisogna lavorare duramente per cambiare la situazione. Non solo dunque attraverso i finanziamenti per il soccorso alle popolazioni colpite ma anche attraverso l’apporto di personale altamente preparato a gestire le difficoltà. Proprio in questo senso si sviluppa il Master di I livello dell’Università Niccolò Cusano di Roma in Operatore esperto nella gestione delle crisi umanitarie, prevenzione dei conflitti e processi di ricostruzione post-conflitto, afferente alla facoltà di Scienze Politiche.
Master della Cusano: le motivazioni
“Abbiamo fatto una riflessione su quanto sia necessaria una figura con competenze interdisciplinari nella gestione delle crisi umanitarie. Pensiamo all’esempio di Haiti: la cattiva gestione dei soccorsi dopo il terremoto di 7 anni fa fu tale da vanificare molti degli sforzi profusi, sia in termini economici che di forza lavoro impiegata” dice il Prof. Nicola Colacino, coordinatore del Master e docente di Diritto Internazionale all’Unicusano “il nostro Master – aggiunge ancora il Prof. Colacino – ha proprio questo obiettivo, formare dei professionisti in grado di operare in diversi scenari e a più livelli per far fronte nel miglior modo possibile, e magari prevenire, le crisi umanitarie”.
Master della Cusano: gli obiettivi
Gli iscritti al Master della Cusano seguiranno un percorso di alta formazione finalizzato a fornire la conoscenza della normativa e della prassi vigente in materia di gestione delle crisi umanitarie e dei processi di ricostruzione post conflitto e otterranno le conoscenze necessarie per assumere ruoli operativi e di supporto sia nell’ambito delle strutture amministrative e/o delle forze armate e dei corpi di appartenenza, sia in qualità di membro di organizzazioni non governative coinvolte in tali processi.
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