Dispersione scolastica, e abbandono degli studi, la spina nel fianco del mondo della scuola. Perdere uno studente significa avere la certezza di non essere interessanti, e di aver fallito, probabilmente, nella didattica. Il fenomeno può avere forti ricadute sull’ingresso nel mondo del lavoro, salvo amicizie e protettori vari. Per questo è importante che i giovani sappiano che smettere di studiare equivale a precludersi ogni possibilità di accesso alla professione scelta. Ne abbiamo parlato a #genitorisidiventa con Maurizio Gentile, ricercatore universitario, dell’Università di Verona, ha appena concluso una ricerca sulla prevenzione dell’insuccesso scolastico; e Patrizia Mattioli, psicologa, e psicoterapeuta, riflettendo sulla situazione delle famiglie che si trovano a fronteggiare situazioni simili.
“L’abbandono scolastico non avviene all’improvviso, ma dopo anni di comportamenti superficiali. La famiglia è a conoscenza di comportamenti assenteisti dei figli, ed è importante che prenda provvedimenti in merito” ha sottolineato Patrizia Mattioli, in trasmissione. “Bisogna rendere attrattiva l’istruzione e la formazione”, secondo Maurizio Gentile, per tenersi stretti i ragazzi, o pensare ad “ambienti di apprendimento”, aggiunge dopo poco, pare alcuni lo facciano già, e pare siano orientati al recupero di alcune materie scolastiche. “In Italia non siamo all’anno zero. Alcune regioni, come la Puglia, si sono già attivate. Nichi Vendola investì molti milioni di euro per un progetto che si chiama ‘diritto allo studio’ era un’attività di approfondimento”, ha evidenziato qualche istante dopo su Radio Cusano Campus. Nella scenario descritto poc’anzi sarebbe bene che anche il mercato del lavoro contribuisse al cambiamento, per ridurre la dispersione scolastica bisogna che le aziende riflettano sui messaggi da far passare agli utenti, e bisogna che si promuovano i laureati. Forse il momento è propizio perché le nuove generazioni sappiano che è possibile arrivare all’obiettivo sperato solo attraverso lo studio, e la conoscenza. Accade già? Nepotismi a parte, non mi pare!
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