Totò Riina, il ‘richiamo’ della Cassazione sul Capo dei Capi sta facendo discutere l’Italia. Ne ha parlato stamattina Alfonso Sabella a Radio Cusano. In ECG, con Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio. Ecco cosa ha detto il ‘cacciatore di mafiosi’.
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“Fui condannato a morte da Totò Riina per l’arresto del figlio maggiore. Avevo fatto arrestare Giovanni Riina e lo avevo fatto condannare all’ergastolo per vari omicidi. Aveva commesso anche uno strangolamento, cui lo aveva indotto lo zio Leoluca Bagarella. La questione proposta dalla Cassazione è molto seria e va affrontata con la testa, non con la pancia. Bisogna rispettare le leggi. La Cassazione non ha detto di scarcerare Totò Riina. Ha semplicemente detto che ciascuno ha diritto di morire con dignità. Bisogna valutare se la struttura penitenziaria sia in grado di assicurargli le cure necessarie.
“NON C’E’ NIENTE DI STRANO”, PROSEGUE SABELLA PARLANDO DEL CASO TOTO’ RIINA
“Non c’è niente di strano, è chiaro che siccome la cosa riguarda il capo dei capi si accendono i riflettori sul caso. Ricordiamoci che noi viviamo in un ordinamento civile, lo Stato non è la mafia, lo Stato non si vendica, non facciamo vendette tribali nè possiamo legittimare forme di tortura. Le pene, lo dice chiaramente la Costituzione, nell’articolo 27, non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità. La dichiarazione dei diritti dell’uomo dice che tutti gli esseri umani sono uguali in dignità e diritti e che nessun individuo deve essere sottoposto a tortura o a trattamento che lo privi dei diritti umani. Da Stato noi questi principi li dobbiamo applicare, è questo che ci differenzia dalla mafia e dalle organizzazioni criminali”.
“TEMO PER IL 41 BIS”
“Da Stato, perdemmo un’occasione. Mi sono speso pubblicamente dicendo che andava revocato il 41bis a Bernardo Provenzano. Non perché fossi buono. Ho mandato in carcere centinaia di mafiosi, ma solo perché temo per il futuro del 41 bis. Questo è un regime penitenziario molto più duro e molto più rigido di quello normale. E’ imposto ai criminali per cui sussiste un concreto pericolo che continuino a dirigere dal carcere le organizzazioni criminali cui erano a capo. Si tratta di uno strumento giuridico introdotto a cavallo tra le stragi di Capaci e via D’Amelio. Ha permesso di avere una serie di risultati straordinari nel contrasto alla lotta alla mafia”.
SABELLA E’ UN FIUME IN PIENA
“Viola palesemente tutta una serie di diritti umani. Viola palesemente alcuni aspetti della dignità umana. Ma è un costo che la corte costituzionale e la corte europea dei diritti dell’uomo hanno salvato. Perché in ballo c’è l’ordine e la sicurezza pubblica. Abbiamo perso un’occasione unica. Una possibilità per dire che veramente queste erano le ragioni del 41 bis con il caso Provenzano”.
“ERA INCAPACE DI INTENDERE E VOLERE”
Lui a era incapace di intendere e volere. Era un vegetale, non era più capace di articolare un pensiero tale da poter dare un ordine all’interno del carcere. Doveva, a mio avviso, restare in carcere ma non al 41 bis”.
“IL RICHIAMO DELLA CASSAZIONE SUL CASO DI TOTO’ RIINA HA UN SENSO”
“Andando avanti di questo passo rischiamo di perdere lo strumento del 41 bis. Nel momento in cui arriverà una sentenza della corte costituzionale. O della corte europea dei diritti dell’uomo. Che magari ci dice che il 41 bis non lo stiamo applicando per i motivi che diciamo. Ma semplicemente come strumento di vendetta tribale, di ritorsione o addirittura di tortura. Il richiamo della Cassazione è sensatissimo e doveroso”.
SABELLA CATEGORICO
“Non dobbiamo lasciarci mai prendere da sentimenti di pancia. Non possiamo infliggere gratuiti trattamenti inumani e degradanti. Anche se si tratta di pezzi di merda. Hanno diritto di morire con dignità e di vivere la carcerazione con dignità”.
ESISTONO STRUTTURE PENITENZIARIE ADEGUATE
“Comunque – aggiunge Alfonso Sabella in conclusione – è chiaro che abbiamo strutture penitenziarie molto attrezzate, come quella di Opera o quella di Parma, che sono in grado di curare qualunque tipo di patologia. Avevo letto delle perizie su Provenzano che dicevano che era incapace di intendere e volere. per Riina mi pare che non sia emersa una cosa di questo tipo. Anzi, sono note le intercettazioni di qualche anno fa. Io personalmente lo incontrai. Nel 2012, nel carcere di Opera. Mi ha riconosciuto e ha detto al suo compagno di passeggiata che ero andato a vedere la scimmia ammaestrata. Fino a qualche tempo fa era molto lucido e ne sono testimone diretto”.