Antiborghesi e sincere, niente è finto, e neppure di facciata, nelle storie raccontate da Silvia Avallone, in “Da dove la vita è perfetta”. Sono episodi che somigliano ai dolori che si accumulano strada facendo, e che appartengono a tutti. Perfino a quelli che danno spazio solo al lato goliardico e superficiale degli eventi. La verità delle cose andrebbe cercata provando a sprofondare nella desolazione più cruda, che i sogni infranti lasciano. Prendiamo il caso di Dora, ad esempio, manda in frantumi il progetto d’adozione con Fabio, ma nonostante tutto la relazione continua, l’amore c’è: si soffre insieme, in un saliscendi di avvenimenti in grado di sorprendere i lettori. O il caso di Adele, che può solo tirare avanti potendo contare unicamente su se stessa. Manuel, per Adele, è l’uomo che credeva di poter avere, ma che perde, e poi ritrova. Il passato e il futuro in “Da dove la vita è perfetta” si sfiorano in continuazione, senza mai toccarsi. E’ il percorso tracciato dal destino, che tutto sommato non è così male, a risolvere conflitti e delusioni. Con l’andare del tempo anche in “Da dove la vita è perfetta” ogni cosa torna al proprio posto. Quello che doveva finire finisce, e quello che c’era da costruire viene costruito.Si soffre, delle impossibilità che gli amori portano con sé, e si gioisce dentro un’altra versione dei fatti che sembra corrispondere ad una logicità maggiore dei rapporti e delle persone. La maternità, dunque, in un trambusto infinito di impossibilità, viene raccontata per quello che è, e non per quello che vogliono farci credere. “Senza cicatrici, ferite, non ci sarebbero desideri che arrivano da una mancanza. Una vita senza desideri è quanto di più drammatico posso immaginare. Il momento storico è deprimente per tutti, ma grazie a questo c’è una grande volontà di riscatto”, dice Silvia Avallone a Radio Cusano Campus, nella trasmissione per genitori. “I padri ancora oggi scappano, le mamme sono mamme con la “M” maiuscola. Sono una donna che arriva dalla provincia e arriva in città. “Da dove la vita è perfetta” è la periferia, la provincia, quel balcone dove inizi ad immaginare una vita perfetta che non esiste, ma che ti fa muovere e ti fa crescere”, aggiunge subito dopo, la scrittrice, parlando di sé e dei personaggi del romanzo. “I nuovi uomini che sono riusciti a fuggire dalla cultura maschile, ma che esistono – basti leggere le notizie di cronaca nera – ci sono, ma sono pochi, e non sono ancora incoraggiati dal mondo del lavoro e dalle leggi. I sentimenti non si possono giudicare. La letteratura serve a questo. Occorre essere sinceri per essere solidali e onesti con gli altri, e con se stessi. Il romanzo ti permette di vivere delle vite che sono drammatiche, mai banali, ma affascinanti. E’ un modo per scavare in domande che mi appartengono. Cos’è una famiglia? Cosa significa diventare genitore? Questo romanzo attraversa vite diverse dalla mia e mi ha permesso di scavare in desideri più bui”, sottolinea la Avallone in trasmissione.
Ascolta qui l’intervista integrale