Venticinque anni fa il disastro della Moby Chessa. Le immagini sconcertanti le abbiamo ancora tutti negli occhi ma c’è chi ha ancora addosso tutto il peso di quei fatti. Si tratta del Professor Luchino Chessa, figlio del comandante della Moby Prince Ugo Chessa, che non sta vivendo ancora una vita felice e lo racconta, con questo intervento, ai microfoni della trasmissione “Legge o Giustizia” del nostro Matteo Torrioli. Ecco cos’ha detto l’uomo in diretta su Radio Cusano Campus, emittente dell’ateneo Niccolò Cusano Campus.

Più di vent’anni dalla tragedia della Moby Prince e ancora ci sono novità sulla storia. Le commenta il Professor Luchino Chessa, figlio del comandante Ugo Chessa, che parla a Radio Cusano di quel che è emerso dalle audizioni della Commissione d’Inchiesta al Senato. Ecco i passaggi chiave della sua intervista.

Sul fatto che l’unico superstite del disastro, Alessio Bertrand, abbia affermato di non aver mai detto ai soccorritori che a bordo della Moby Prince erano tutti morti: “Anzi, aveva detto che c’era ancora gente da salvare. Aumenta la nostra rabbia perché non è stato fatto nulla. Qualcuno ha deciso che quella notte non c’era nulla da fare ed invece non era così”.

Cosa c’è di nuovo?: “Una delle principali novità emerse finora è che i soccorsi non sono mai stati attivati, nessuno ha pensato al Moby Prince, nessuno ha pensato di salvare le persone”.

Sul lavoro della Commissione d’inchiesta: “Non ha fatto nulla di nuovo. Ha preso le carte processuali riesaminando il puzzle che era stato ricostruito. Sta emergendo un quadro che è completamente diverso da quello raccontato nei processi. È stato chiarito, per quanto riguarda la sopravvivenza a bordo, che non sono morti tutti bruciati in 20-30 minuti come riportato dai processi. Sono passate delle ore, questo ormai è evidente”.

Sul fatto che alcune “cause”, come la nebbia o la distrazione, siano ormai superate: “La nebbia, ormai, è da archiviare. Non è mai esistita. Anche il discorso della rotta del traghetto non è come è stato detto durante il processo, cioè che la nave andava dritta verso Olbia ed ha preso la petroliera. Invece c’è stata una virata, forse per evitare un natante che si è messo in mezzo come una bettolina o altro”.

Una piccola rivincita: “L’ultima inchiesta, finita come tutti sanno, è stata drammatica. Si è detto che il comando del traghetto era distratto e che i figli del comandante hanno fatto spendere soldi della giustizia in maniera inadeguata. Ora la Commissione sta dimostrando il contrario”.

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