L’identità di ognuno di noi non è un fattore a sé stante, dipende dai contesti dove abbiamo vissuto, e viviamo, dagli insegnamenti che ci sono stati impartiti nel tempo. O da ciò che abbiamo appreso, non compreso. E’ una questione che – da sempre – ha incuriosito altissimi filosofi, e sociologi, tra cui Socrate, Michel Focault e altri, e riguarda la formazione spirituale degli individui, come condizione della ricerca della verità. Come può un genitore, un insegnante, o un Maestro, aiutare un bambino ad avere cura di sé? Qual è il valore che i bambini danno alle azioni degli adulti? Ne abbiamo parlato a #genitorisidiventa con Romina De Cicco, docente di Pedagogia Clinica, dell’Università Niccolò Cusano, e autrice de “L’esperienza di sé, la cura di sé, le biografie del sé”.
La cura del sé ha sottolineato la prof. di Pedagogia Clinica “é un approccio, un modo di accostarsi ai bambini, e alle loro cose, è una pratica che si concretizza sui bambini, con i bambini e per i bambini, ma riguarda i genitori e gli insegnanti, e si concretizza in due modi diversi: sostituirsi all’altro senza permettergli di fare esperienza; prendersi cura dell’altro, ovvero permettergli di vivere in un contesto organizzando spazi e materiali che gli permettano di fare da solo. Per un bambino che abbia tra i 0 e i 6 anni i genitori, gli insegnanti, sono i punti di riferimento, tutto quello che arriva dall’adulto deve avere un significato e un valore educativo. Da un punto di vista emotivo-affettivo la risposta deve sempre avere una valenza educativa e deve avere come obiettivo quello di valorizzare sempre l’agito del bambino. Curare è prendersi cura dell’altro. I bambini devono comprendere come si fa a fare da soli, riconoscere gradualmente le proprie emozioni e imparare a controllarle. L’intento dell’adulto e dell’insegnante è osservare e comprendere l’agire quotidiano. Prendersi cura del bambino significa, quindi, lasciargli il tempo necessario affinché possa da solo trovare soluzioni ai piccoli problemi che incontra nel quotidiano: noi adulti interveniamo troppo presto. Ognuno di noi ha un proprio modo di prendersi cura di qualcuno, dipende dalla propria narrazione personale.”
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