Poveri economicamente e culturalmente, vengono definiti così i genitori degli otto infanti protagonisti de “Il manicomio dei bambini”, di Alberto Gaino. Saggio che vuole fare luce su una delle più grandi vergogne d’Italia, ovvero quella dei minori rinchiusi in manicomio durante gli anni ’60/’70. All’epoca vi erano duecentomila minori istituzionalizzati, “ovvero rinchiusi in altrettante strutture denominate pomposamente istituti medico – pedagogici al cui vertice c’erano i manicomi”, dice l’autore a #genitorisidiventa, alcune pubbliche altre private. Quelle private erano rette da religiosi (ricorda quello di Grottaferrata diretto da Suor Diletta Pagliuca), che curavano soltanto sulla carta, nella realtà molti di loro peggioravano. Tant’è che alcuni di loro non sono mai usciti da quelle strutture. Qui siamo a Villa Azzurra, struttura pubblica, dl tema della fabbrica della follia viene sviscerato attraverso le cartelle cliniche e testimonianze di otto bambini (risentiti a distanza di decenni) o di psichiatri, psicologi e educatori che li hanno seguiti successivamente. Questi erano stati rinchiusi nel padiglione per bambini degli Ospedali Psichiatrici di Torino (erano 4, fra la città e l’hinterland, “ospitavano” complessivamente quasi 5 mila pazienti negli anni 60, fra le strutture più grandi d’Italia). 

“Nell’Italia degli anni ’60/’70 vi erano duecentomila minori istituzionalizzati, era il welfare di quel periodo, queste strutture curavano sulla carta, in realtà custodivano e basta. Le problematiche dei ricoverati erano legate soprattutto alla grande povertà economica e culturale delle famiglie d’origine”, dice Gaino ai microfoni di Radio Cusano Campus, delineando la trama del saggio edito EGA, Edizioni Gruppo Abele. Quanto alla situazione attuale l’autore ha evidenziato la totale assenza di strutture simili, e una consapevolezza diffusa – a scuola e in famiglia – rispetto al passato: “Oggi i manicomi, per grandi e piccoli, non ci sono più, esistono strutture di piccole dimensioni sul territorio, ma c’è pure una maggiore consapevolezza da parte delle famiglie che scelgono di tenersi i figli a casa. Mentre a scuola gli insegnanti segnalano problemi alle famiglie. Ci sono stati negli ultimi anni grossi tagli alla sanità deputata ad affrontare disagi psichici riguardanti i minori. Tant’è che oggi solo un bambino su quattro che chieda di accedere riesce attraverso strutture pubbliche e convenzionate, gli altri restano fuori dalla porta. Questi disagi se affrontati in modo tempestivo possono essere curati, mentre se si creano liste d’attesa infinite – di cui non si ha neppure certezza – succede che queste sofferenze diventino croniche e una volta cronicizzate non c’è più nulla da fare.  […] Ho scritto il libro perché si parlasse di una delle più grandi vergogne d’Italia. Si ricoveravano bambini fin dai tre anni, in alcuni casi anche d’età inferiore. E nessuno ne ha parlato per trent’anni.”

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