La violenza sulle donne va combattuta e si combatte in tanti modi diversi. Uno di questi è quello di far parlare le vittime. questa storia si inserisce in questo contesto. Il suo carnefice è stato condannato a quattro anni, dopo un sostanzioso sconto di pena. Oggi sta cercando di tornare a vivere una vita normale. Elisa Consoli, ragazza romana vittima di violenze, ha raccontato ai microfoni della trasmissione “Legge o giustizia” del nostro Matteo Torrioli le sue attuali difficoltà, denunciando un totale abbandono da parte delle istituzioni. Ecco i passaggi chiave della sua intervista su Radio Cusano Campus.
La violenza sulle donne raccontate dalle donne che questa violenza hanno subito. E’ la testimonianza chiave di Elisa Consoli che in diretta su Radio Cusano Campus questo dice:
Sulla vita che fa: “È dal 2014 che la mia vita è scandita da visite mediche, incontri con l’avvocato, operazioni. Non ho una vita sociale dato che non posso neanche rientrare a lavoro perché sono invalida, sia fisicamente che psicologicamente. Facevo la parrucchiera. Sono mancina e lui mi ha staccato la cuffia della spalla sinistra ed ho le paresi fantasma ai reni e non posso stare in piedi per più di qualche ora. Lo Stato non ti aiuta, bisogna contare sulla famiglia e sulle proprie forze. Anche le Associazioni non fanno nulla. Qualcuno ti compatisce, ma poi finisce lì. Mi hanno tolto la tiroide e devo prendere l’Eutirox, i sonniferi per dormire, tutte cose che pago da sola. Mia madre si è dovuta vendere anche il corredo per farmi curare”.
Sul fondo per le vittime di reati violenti: “Non ho potuto accedere al Fondo per le vittime di reati violenti. Col mio avvocato, contattammo tante figure politiche, in particolare la Ministra Madia. Lei mi chiamò, dicendomi che la mia pratica l’aveva la Ministra Boschi: ancora stiamo aspettando risposte. Da quel giorno non si è più sentito nessuno. Fortunatamente l’avvocato Santaiti non mi ha mai chiesto soldi”.
Sulla difficoltà di denunciare il suo carnefice: “Quando sono andato all’ospedale, prima di denunciarlo, era coperta di sangue. Pesavo 29 chili, avevo la alopecia da strappo ed il naso rotto. Non mi garantirono neanche un po’ di privacy, arrivò una dottoressa che mi chiese se facessi uso di stupefacenti. Le dissi di no ma lei era sicura che io avessi assunto qualcosa. Servirebbero persone con più delicatezza, a me hanno dato contro. Dopo l’incontro con la dottoressa mi mandarono allo sportello rosa, dove una ragazza mi disse che potevo anche non denunciare subito perché avevo 90 giorni di tempo. Al commissariato, poi, l’impatto fu bruttissimo. Venni presa in giro, un carabiniere mi disse che mi sono vista troppe puntate di Romanzo Criminale”.
Sul fatto che ora il violento è ai domiciliari ma presto uscirà: “Tra quattro anni potrebbe uscire e venire a finire il lavoro, la paura è veramente tanta. In primo grado venne condannato ad otto anni, in appello arrivò lo sconto. Lui, che dopo mi aveva fatto dare le testate al muro mi spense due sigarette sulla gamba per rianimarmi. Nelle undici pagine delle motivazioni si spiegava che c’erano delle incoerenze nelle testimonianze di mio padre e mia madre. Lo sconto è arrivato anche perché, secondo i giudici, non porto danni permanenti ma non è così. Sicuramente ha vissuto meglio lui in questi ultimi anni. I domiciliari me li sono fatti io. Tra l’altro, sono venuto a sapere che dopo due anni di pacchia, lui nonostante fosse ai domiciliari utilizzava il cellulare, Facebook ed ha avuto anche il tempo per mettere incinta una donna. Prima che fosse condannato, mi portò in comune per sposarmi. Fu un vero e proprio matrimonio coatto. Ho provato a non far accadere una cosa del genere ma con certe persone è difficile replicare. Mi hanno fatto sposare con un occhio nero e senza che ci fosse neanche un mio parente. Fu una donna a celebrare il matrimonio. Fortunatamente l’avvocato Bernardi ora mi sta aiutando per annullare, gratuitamente, il matrimonio”.