A 55 anni suonati a colpi di storie d’amore finite male, e di donne incontrare per poco, o per gioco, George Clooney è prossimo alla paternità. E’ soltanto l’ultimo, in ordine di tempo, dei divi del cinema a misurarsi con le emozioni e le preoccupazioni che la paternità porta con sé. La notizia lascia basiti gli amici (che non credevano potesse succedere anche ad un “bello e impossibile” come lui), e gli addetti ai lavori (che hanno dovuto da sempre descrivere George come lo scapolone convinto, e ora si trovano a dover raccontare uno dei Messaggeri di Pace delle Nazioni Unite preoccupato della dieta della compagna, e alle prese con un’attesa che sembra durare millenni). 

La paternità tardiva piace a sociologi e psicologi, che vedono di buon occhi gli uomini bene intenzionati, dopo aver compiuto il percorso professionale, e dopo aver chiuso matrimoni immaturi o finiti. L’unico neo sarebbe legato unicamente ad una dimensione biologica, dice Marco Ventola, a #genitorisidiventa: “I contrari all’idea di avere figli in tarda età si appellano ad una dimensione biologica”. Gli aspetti positivi dell’avere un padre che è un uomo e nonno al contempo è che non devono fare i conti con le “incertezze lavorative”, aggiunge Ventola. “Si potrebbe non condividere lo stesso linguaggio”, sottolinea, o ancora è necessario stare attenti all’età per il rischio disturbi mentali, ovvero di “iperattività o disturbo bipolare. Per George Clooney la paternità sarà una bella esperienza, quando si diventa padri si scoprono emozioni sconosciute prima. La paternità raccoglie due miti: il primo della distruttività del figlio. Il padre pensa che generando un figlio è destinato a morire, vede il futuro nei figli e non in se stesso. Ci sono persone che fanno figli con la crisi di mezza età, e fanno i conti con quello che hanno realizzato o non realizzato. La nascita di un figlio significa dare senso alla loro esistenza.”

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