“I compiti a casa” di M. E. Antonioli e M. D. Grande nell’indagare sulla relazione genitori – figli – compiti si sofferma sulle ragioni per cui in famiglia si tiene particolarmente ad un buono rendimento scolastico dei figli, e specifica: “Il successo scolastico dei bimbi è per i genitori fonte di gratificazione ai propri bisogni sociali e psicologici, soprattutto narcisistici. Il bambino che va bene a scuola rimanda loro un’immagine positiva di sé come coppia genitoriale e riflette nel sociale un sistema familiare armonico.” E’ la più essenziale delle letture date al problema. Mentre gruppi di genitori organizzano festival sul tema, ci siamo chiesti cos’è cambiato rispetto al passato? Come mai i compiti a casa risultano essere così invasivi? Abbiamo sentito la dottoressa Maria Elisa Antonioli, su Radio Cusano Campus, durante la trasmissione #genitorisidiventa. “Le finalità sono le stesse, ma ci sono nuovi strumenti e un nuovo contesto intorno al mondo del bambino e delle famiglie. La finalità è quella di consolidare apprendimenti e cose già sentite a scuola, imparare a riassumere i testi, acquisire strategie e metodi di studio. Ci sono più maestre, non c’è il maestro unico, e i bambini sono sovraccaricati in maniera infruttuosa. Coi benedetti compiti da eseguire si dimentica il piacere dell’ozio, e non viene valorizzata la creatività. Si chiudono sempre più casa, con disagi più pesanti. […] Il disagio è reciproco sia dei genitori che dei bambini. I nuovi genitori cercano di essere amici dei figli (e non è il loro compito), o dei maestri (sostitutivi). Mentre il loro ruolo è essere figure educative fondamentali, non sostitutive. La scuola non aiuta, usa troppi esercizi schematici, e non abitua a fare ricerche creative. I genitori si mettono in competizione con i professori, il bambino entra in questo clima. La competenza professionale degli insegnanti è poco riconosciuta.”
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