Bambini sotto i riflettori accompagnati dai genitori, è la novità televisiva degli ultimi giorni che rapisce le attenzioni di oltre quattro milioni di italiani. Antonella Clerici, e la sua rivincita, compiace chi non si accaniscono gratuitamente contro i personaggi televisivi “buoni” e pure “buonisti”, ma porta ad ogni modo a pensare a cosa di spettacolare ci può essere in una semplice esibizione madre/ padre – figli? Che i simpatizzanti siano famiglie, futuri genitori, o semplici curiosi, non importa, quello che vorremmo capire è cosa ha affascinato il pubblico? Il fascino materno della Clerici, o la “bellezza emotiva” che trasuda il format? 

A #genitorisidiventa consultiamo gli esperti per un parere professionale, e per mantenere un certo atteggiamento critico rispetto a ciò che ci propinano. Annalisa Barbier, psicologa, e psicoterapeuta ha detto: “Non ci trovo nulla di rassicurante in un genitore che desidera esporsi alle luci della ribalta, col proprio figlio e col talento del figlio. A me suona come desiderio narcisistico di mostrarsi, cercare approvazione, notorietà, e farlo attraverso i figli. A me non convince molto.” L’esposizione dei bambini al pubblico “incide in maniera poco costruttiva. […] Il bambino impara da piccolo a portare l’attenzione e il peso del proprio valore personale sullo sguardo dell’altro, ed è molto pericoloso. E’ come se si guardasse attraverso lo sguardo del pubblico. Un bambino dovrebbe considerare tanti aspetti del proprio sé, l’aspetto prestazionale può essere divertente, da una parte, ma questo format è una chiara emergenza della società narcisistica, in cui troviamo a vivere”, ha ribadito poco dopo su Radio Cusano Campus. “Le famiglie unite non hanno bisogno di mostrarsi. Approvare il talento dei figli significa insegnare ai bambini che non hanno valore, se non quello che dimostrano di saper fare. […] Se un talento emerge per un’inclinazione naturale del bambino Attraverso la preparazione, facendogli frequentare corsi e scuole, che gli permettano di coltivare il talento. E non credo questo abbia a che fare con la spettacolarizzazione del talento. Questo buonismo che mostra la famiglia perfetta. Quando un talento c’è è giusto che venga lasciato emergere e sviluppare, ma credo sia una cosa diversa che portare i bambini alle luci della ribalta. Il bambino non ha gli strumenti compensatori e la capacità di gestire un eventuale disappunto, un fallimento. Ne potrebbe risentire facilmente. Sviluppare un talento è una cosa, spettacolizzare è un’altra”, ha specificato a seguire. L’intervento è stato anticipato da una strategica Sara D’Andretta che ha voluto definire il successo a livello pedagogico, e che tra le altre dichiarazioni ha prontamente detto che “possiamo parlare di successo laddove abbiamo la realizzazione di una vita felice, che non preclude il fatto che il bambino possa avere delle esperienze di performance, artistica, televisiva o quant’altro. A volte succede che i bambini che vengono stressati in provini siano il risultato di un bisogno che non è del bambino, ma del genitore.” Queste alcune delle dichiarazioni rilasciate dagli esperti in trasmissione, sul tema del successo nei bambini e dell’esibizione del talento in tv.

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