Sono più di 2290 le donne assassinate in India dal 2001. Di media ogni giorno una donna viene uccisa, ma non è un dato di femminicidi, bensì di caccia alle streghe, in puro stile Medioevo. Il problema della stregoneria è frutto di leggi ingiuste che colpiscono donne, indistintamente, tra i 30 e 60 anni.
Donne bruciate, torturate, accoltellate e sepolte vive, accusate di aver fatto il malocchio, di aver inquinato i pozzi e fatto ammalare qualcuno. Dietro a tutto questo si nascondono vendette, gelosie, beghe per terreni, in un Paese in cui è ancora alto il livello di analfabetismo, sottosviluppo, e sfruttamento.
Quando a qualche evento non si riesce a dare una spiegazione logica, allora si pensa al soprannaturale, ovvero ciò che in India si definisce Daayani, termine usato per indicare le streghe.
Quella delle Daayani è una leggenda indiana con radici antiche, ma ancora oggi continua ad avere seguito. Ad esempio, nello Stato dell’ Assam le mogli devono chiedere ancora il permesso ai mariti per poter parlare e vengono ripudiate con estrema facilità. In alcuni casi le donne vengono obbligate a confessare reati mai commessi e costrette a mangiare escrementi. C’è un caso particolare in cui tre assassini hanno buttato due donne in un pozzo pieno di insetti con l’accusa di averli portati con un sortilegio, dopodiché le sono state interrate vive.
Ma perché esiste ancora la caccia alle streghe?
Per capirlo bisogna sapere che qui, non esistendo strutture mediche, le persone si affidano a guaritori e principalmente a stregoni, chiamati Ojha. Si tratta di terre dove l’analfabetismo e l’assenza di igiene è così elevato che si muore di diarrea, tifo, tubercolosi, malaria celebrale.
Quando ci si ammala si va, quindi, dagli Ojha che recitano i mantra. Se il rito non funziona allora si cerca un capro espiatorio, di norma si tratta di una donna.