“A Bordighera l’integrazione è realtà per 23 profughi”, dice Il Secolo XIX. Idem nel Chianti, “I migranti fanno la pizza”, dice Firenze Today. A scuola insegnanti e alunni collaborano affinché tutti possano sentirsi parte del gruppo, senza esclusioni di sorta, vedi “La scuola salvata dai bambini” di Benedetta Tobagi. Ma è sempre così? Il fenomeno, studiato da educatori come Don Milani, o sociologi come Durkheim, in situazioni di carenza o assenza di integrazione viene definito di “anomia”. Ci siamo chiesti a che punto è la situazione oggi nelle scuole, e se la questione dell’integrazione può dirsi definitivamente risolta? Il fatto che siano in aumento, da Nord a Sud, il numero di progetti scolastici approvati, fa ben sperare. I diversi, ovvero i disabili, o i migranti, sono “quelli che non riconosciamo, ma che nascondono tesori”, dice Roberta Manca di ASPIC.
Ogni individuo nasce in un nucleo familiare diverso, per questo socializza e accetta – o no – gli altri in maniera differente. Il primo luogo dove si impara ad accogliere i diversi è “la famiglia. Rappresenta l’elemento base della nostra struttura sociale. E’ importante preparare gli operatori che si relazionano con le famiglie, e affrontano queste dinamiche”, sottolinea la dottoressa Manca. Quello che spesso dimentichiamo è che “la diversità che rende l’altro unico”, ha aggiunto la dottoressa Manca. “La relazione con l’altro è nutrimento. I genitori hanno bisogno di sostegno e trovare qualcuno che possa aiutarli. […] Quello che vediamo ogni giorno è che la sensibilità su questo tema sta aumentando. Ed è quello che ogni giorno ci fa avere la certezza che stiamo percorrendo è quella giusta è la sensibilità della gente”, ha specificato subito dopo l’esperta ASPIC.
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