Alcuni film famosi hanno preso spunto da un testo teatrale e lo hanno portano all’attenzione del grande pubblico. Lo hanno fatto amare e apprezzare. E’ il caso di “Figli di un Dio minore” scritto da Mark Medoff nel 1978 e messo in scena negli Stati Uniti nel 1980: quella versione in lingua inglese fu ospitata al Festival dei Due Mondi di Spoleto sempre nel 1980 (unica rappresentazione di questo testo in Italia), mentre la trasposizione cinematografica, interpretata da William Hurt, meritò nel 1986 cinque nomination agli Oscar e la protagonista femminile Marlee Matlin vinse per quell’interpretazione l’Oscar e il Golden Globe. Ora “Figli di un Dio minore” torna alle origini, al teatro, e dopo il grande successo della scorsa stagione, è di nuovo in scena a Roma, fino al 19 febbraio al Teatro Greco. Giorgio Lupano, protagonista insieme Rita Mazza, attrice sorda fin dalla nascita, ha presentato la commedia a “Il mattino ha la cultura in bocca”, condotto da Emanuela Valente. Giorgio Lupano si dedica al teatro da sempre ed è un volto noto del piccolo schermo, ha preso parte come attore principale a tante fiction di successo.
Quali sono le differenze rispetto al copione cinematografico?
Il film ha privilegiato molto l’aspetto sentimentale, la storia d’amore. Perché a Hollywood negli anni ’80 andava di moda il lieto fine, il romanticismo sfrenato. In realtà lo spettacolo – unico nel suo genere perché si rivolge tanto agli udenti che ai non udenti – pone con delicatezza e poesia l’attenzione su una minoranza invisibile, quella dei sordi, e getta luce su quella sottile linea in cui universi comunicativi si incontrano.
Sul palco attori udenti e non udenti, come la protagonista Rita Mazza e Gianluca Teneggi. Questa esperienza che cosa ti ha insegnato? Cosa porti con te?
Ho lavorato due anni con i sordi a Roma all’Istituto statale, per imparare la lingua dei segni ho scoperto che non sentire non vuol dire essere depressi, tristi o abbattuti, anzi. I sordi hanno un grande senso dell’ironia e dell’autoironia, sviluppato, quasi necessario per affrontare la loro condizione. Vivono in un mondo disegnato per altri, per la maggioranza e ai loro occhi potrebbe non essere così perfetto, sì è pieno è di sfide e di difficoltà che, ho scoperto, si possono superare con leggerezze e raccontare con leggerezza. Lo spettacolo, infatti, è anche divertente, è giusto far capire che essere sordi non mette i non udenti in condizione di inferiorità, non si sentono frustrati. Per me questo spettacolo è stato un grande regalo.
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