Adulti e adolescenti condividono le stesse conoscenze e la stessa consapevolezza sul concetto di identità digitale, ovvero scarsa. Scambiano foto intime con contatti virtuali, senza remore, pensano che sia un gesto sicuro! Basta che gli si dica: “Fidati.” O che si tenti di rassicurarli con poco. Sarà forse effimera ricerca del piacere, o bisogno di mettersi in mostra? Quale che sia la risposta la questione rimane preoccupante. E’ necessario ridefinire il concetto di fiducia, consenso, e capire dove ci siamo persi. L’Homo digitalis del Lazio si trova a dover gestire circa cinque profili social, ha un impiego altro, che richiede attenzione e cura, che forse non sa di possedere.

Abbiamo commentato la notizia con Cristiana De Paolis, responsabile Nuovi Media di Save The Children, e ha detto: “Abbiamo voluto esplorare il concetto di consenso che è legato al concetto di fiducia e prevede la possibilità di agire una scelta libera ed informata ed emerge che questo tipo di comportamento si basa su conoscenze parziali o frammentarie. […] Il 60% delle persone non si fida, ha paura di come possano essere gestiti i propri dati. Ci sono cinque profili a testa per quanto riguarda adulti e ragazzi. C’è frammentaria conoscenza sull’uso che si fa dei dati. La manutenzione dei dati e tutto quello che facciamo online contribuisce a creare la nostra identità digitale, e parla di noi, dice quello che siamo, o quello che comunque le persone vedono di noi online. Riguardare la storia quello che facciamo contribuisce a curare i nostri profili in rete.”

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