Con la l’avvento degli smartphone si è diffusa una nuova dipendenza, quella da telefonino. E’ stata ribattezzata dagli esperti internazionali “Sindrome da Hand-Phone”, perché risulta capace di ipnotizzare le persone davanti ad uno schermo, tanto che sono obbligati ad utilizzare solo la mano libera pur di non staccarsi dal cellulare. 7 italiani su 10 ne soffrono. Spesso lo consultiamo senza accorgercene, è il nostro rifugio dal mondo esterno. Siamo sempre connessi. La dott.ssa Nicoletta Vegni, psicoterapeuta e docente di psicologia clinica all’Università Niccolò Cusano, ne ha parlato a “Il mattino ha la cultura in bocca”, condotto da Emanuela Valente.
La sindrome da telefonino è davvero annoverata tra le nuove dipendenze?
Secondo me no, è’ un utilizzo abbastanza improprio.Ritengo che la dipendenza da cellulare abbia a che fare più con l’universo dei social media, con l’essere sempre in contatto, sempre aggiornati. Potrebbe più appartenere alla sfera dei disturbi ansiosi. Questo bisogno di essere sempre in contatto, informati, vedere quello che accade alle persone che abbiamo intorno, comunicare ciò che ci succede. La difficoltà di trattenere informazioni anche intime, ripeto, ha più a che fare con la sfera ansiosa.
Ed è per questo che sentiamo l’esigenza di avere sempre in mano il cellulare?
Considerate che uno degli aspetti dei disturbi ansiosi è la compulsione. Ognuno di noi ha dei tratti ansiosi e delle piccole compulsioni. E’ normale avere la penna dell’esame, il portafortuna da portare a un colloquio di lavoro, i rituali abbassano l’ansia. Ma una delle caratteristiche dei disturbi d’ansia è appunto la compulsione, cioè il ripetere in maniera continuativa il dover fare determinate cose anche senza rendersene conto. Ci ritroviamo, così, il cellulare in mano e non abbiamo il ricordo di averlo perso, non c’è consapevolezza. Rifletterei più su questo.
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