Uno degli ultimi decreti  del ministro Giannini del governo Renzi ha stabilito che gli atenei telematici entro il 2018 dovranno aumentare il numero dei docenti  in organico: un docente ogni 25 studenti. Alcuni commentatori lo hanno chiamato decreto ammazza telematiche, costrette  ad aumentare molto le rette universitarie, o a chiudere i battenti. Ma, a prescindere dai risvolti che tale decreto potrebbe avere, vogliamo chiedere al prof. Enrico Ferri, che insegna Filosofia del Diritto all’Unicusano, se esistono e quali sono i criteri ottimali per stabilire un corretto rapporto tra il numero degli studenti e dei docenti.

Criteri oggettivi e certi non esistono e bisogna tener presenti una serie di variabili, come il tipo di scuola e l’età degli studenti. Lo studente universitario è un giovane con un’avanzata formazione ed è in grado di gestire autonomamente parte degli studi. Ancora oggi in Italia, la maggioranza degli universitari acquista i testi delle varie materie e studia per proprio conto il programma, andando all’università solo per sostenere l’esame.  Soprattutto gli studenti fuorisede seguono in genere questo percorso.

Il decreto Giannini, però, sembra prescindere da queste considerazioni e stabilisce il rapporto di un docente per venticinque studenti!

Si, ma solo per le telematiche, lasciando una relazione più ampia tra professori e studenti nelle università in presenza. In tal modo capovolge del tutto i criteri più logici. Un professore che insegna con un corso telematico, che si collega in videoconferenza per fare un seminario  o per comunicare con uno studente, non ha quei limiti che incontra un docente che in una sala parla attraverso un microfono a degli studenti, che a volte neanche lo vedono.

La differenza di metodo tra le università telematiche e quelle in presenza  si avverte anche nelle altre fasi della vita universitaria dello studente, per la frequenza, per gli esami e lo svolgimento della tesi di laurea?

Ovviamente, se uno studente vuole parlare con me può venire in sede il martedì o il giovedì, mi può inviare una email, può collegarsi via skype dal lunedì al venerdì, ma può contattare anche per telefono o via email uno dei miei capaci collaboratori.

La differenza si basa molto sulla maggiore flessibilità e funzionalità dello strumento telematico?

Flessibilità, integrazione tra telematica e varie figure umane (docenti, tutor, consulenti), metodo didattico. Poi ci sono, ovviamente, le altre strutture necessarie: biblioteche, mense, alloggi, ecc. Un ultimo elemento, ma forse tra i più importanti , è la qualità del corpo docente.

Ed in questo lo strumento telematico è di  supporto?

Ovviamente, basti pensare che se uno studente del primo anno di Giurisprudenza volesse seguire una lezione della mia materia, di Filosofia del diritto, in un’università tradizionale potrebbe farlo solo in certi giorni e in un’ ora stabilita. Se una o più volte fosse impossibilitato a farlo perderebbe le lezioni e non potrebbe più recuperarle. Uno studente del mio corso ha in piattaforma le lezioni, che può sentire  in qualsiasi ora o giorno della settimana.

Lei, però, non sembra considerare che anche in un’università in presenza, ci sono modalità didattiche come i seminari e il ricevimento degli studenti e sono presenti altre figure professionali di supporto alla didattica.

Certo, ma vale quanto detto in riferimento alle lezioni: lo studente per usufruire di questi servizi deve recarsi all’università, in determinati giorni ed in certe ore e questo non avviene o avviene solo saltuariamente per la maggioranza degli iscritti. Se il docente vuole essere più reperibile e comunicare in modo più rapido e funzionale deve farlo per via telematica. Ma quest’ultima modalità è ancora considerata di mero supporto all’altra e non sempre usata adeguatamente.

In considerazione di queste valutazioni, come considera il decreto ammazza telematiche della Giannini, che stabilisce un rapporto docenti-studenti difficilmente sostenibile per queste università , o sostenibile a condizione di elevare in modo considerevole le rette?

Un decreto anti-storico e se realizzato avrà conseguenze sociali gravi di cui il governo che lo ha promosso e quello che lo realizzerà dovranno assumersi la responsabilità politica davanti alla nazione.  L’insegnamento superiore per via telematica è stato il solo che negli ultimi anni ha avuto una considerevole crescita, di fronte ad una sensibile decrescita degli immatricolati nelle altre università. Oggi in Italia ci sono 75.000 iscritti nelle undici università telematiche: decine di migliaia di persone che avevano abbandonato gli studi li hanno ripresi e portati a termine. Persone che per motivi economici, di mobilità e di lavoro non potevano iscriversi e frequentare un’università in presenza ora possono farlo attraverso un PC o un ipad, con dei costi sostenibili. In occasione delle sessioni di laurea vediamo spesso la presenza, accanto al laureando, del coniuge, dei figli , dei genitori, degli amici. Persone che hanno gli occhi lucidi, che condividono la gioia per un importante obiettivo raggiunto , un traguardo che ha una valenza culturale e sociale, che a volte è persino segno di riscatto e di emancipazione. Ridimensionare o addirittura annullare il ruolo delle università telematiche significherebbe ridimensionare, in modo più o meno grave , la possibilità di studiare e di progredire per una parte significativa della nostra nazione.